AUTISMO E IPPOTERAPIA
Marzia Bonetti, Francesca Gobbi, Silvia Pedota
L'ippoterapia è un insieme di attività praticate con il cavallo
ed eseguite con uno scopo terapeutico di vari livelli. Essa viene usualmente diretta a
disabili fisici ma anche utilizzata come valido ausilio per disabili psichici e per
soggetti con problematiche socio-relazionali. Mira, in ogni caso, allo sviluppo
psicofisico globale del disabile che la utilizza, migliorando la sua autonomia
e favorendone l'integrazione sociale.
L'attività equestre rinforza le potenzialità muscolari e motorie e
stimola le facoltà intellettive (memoria, attenzione e concentrazione); inoltre sviluppa
qualità sociali quali la stabilità emotiva, la capacità di stabilire una relazione
positiva con il cavallo e con gli Altri, consentendo così al bambino di raggiungere un
comportamento adeguato al setting.
Questo animale ha delle peculiarità fondamentali di carattere e
fisicità: animale da branco, docile e tollerante, facile ad essere addestrato, tuttavia
non accetta gesti e comportamenti strani, inusuali ed incoerenti, e non viene a
compromessi con i cavalieri; il cavallo, infatti, non permette al bambino di utilizzare
quegli atteggiamenti che condizionano invece il comportamento del caregiver, costringendo
così il cavaliere ad un comportamento consono alla situazione.
Fisicamente si presenta come grande, forte e potente, caldo e morbido
allo stesso tempo.
Nell'ambito dell'ippoterapia si riconoscono generalmente quattro fasi:
ippoterapia, riabilitazione equestre, fase presportiva e fase sportiva; esse indicano un
potenziamento delle acquisizioni e quindi un ruolo sempre più attivo e autonomo del
bambino sul cavallo.
Un altro approccio terapeutico è quello francese della "mis en
selle therapeutique" che riconosce tre modelli operativi:
- L'ippoterapia, che è attuata come una tecnica passiva in cui il soggetto
trae beneficio dai movimenti sinusoidali del cavallo e dal contatto con l'animale, che
però viene diretto dalla terapista. Tale tecnica, pur stimolando il soggetto a livello
tattile, acustico, visivo, olfattivo e vestibolare, non tiene conto di importanti fattori
messi in evidenza dalla scuola di Ginevra con Piaget che ha chiaramente dimostrato
limportanza di un adeguato comportamento motorio nella costruzione di un modello di
rappresentazione del reale e quindi di adattamento ad esso.
- L'equitazione adattata, che è una pratica effettuata con soggetti portatori di
handicap fisico e psichico e che utilizza le discipline equestri quali: passo, galoppo,
trotto, salto, volteggio e dressage.
- La terapia equestre, in cui l'attività a cavallo non è l'obiettivo finale, né
il cavalcare in sé un processo terapeutico, ma esso è frutto di uno spazio globale che
coinvolge cavallo, terapista, setting e che investe oltre al piacere ludico ricreativo,
anche il piano fisico e motorio, nonché relazionale ed affettivo.
L'ippoterapia che viene praticata nel nostro centro, l'E.I.T.
ippoterapica, pur seguendo le quattro distinzioni classiche, nonché i principi
della terapia equestre francese, presenta delle peculiarità che permettono di adattarla
al meglio alle caratteristiche dei bambini autistici. Si avvantaggia, inoltre, del valido
ausilio di sedute di E.I.T. con frequenza settimanale dove il bambino ha la possibilità
di ricevere il sostegno di unulteriore terapia avvalendosi quindi di unaltra
figura di riferimento. Tali peculiarità si evidenziano a partire dai principi
terapeutici Winnicottiani di holding, handling ed object presenting,
per finire con un ruolo peculiare della terapista vista come Io-terapeutico ed
educatrice che aiuta a leggere la realtà.
- L'holding (sostegno al fine di acquisire un'integrazione psicomentale)
attuato dalla terapista attraverso il sostegno del cavallo, il suo calore e il suo
cullamento, inserito in un'atmosfera "sufficientemente buona", ricca di linee,
curve, e spostamenti regolari. Il tutto crea un clima affettivo che avvolge il bambino e
gli permette di percepire la situazione terapeutica come garanzia di poter essere, poter
agire e poter esistere.
- L'handling (la manipolazione che permette di creare legami e riconoscere
loggetto relazionale). Si tratta di aiutare il bambino a passare da una dimensione
fusionale con il cavallo, ad una di indipendenza ed attivazione individuale e
personologica, attraverso l'acquisizione di quelle manovre che permettono di guidare il
cavallo (tirare e girare le redini, dare le gambe
). In tal modo l'azione aiuta il
bambino a vincere le attese onnipotenti.
- L'object presenting. La terapista funge da traduttrice della realtà,
rendendola comprensibile ed accettabile, ed inoltre permette al bambino di superare le sue
ansie pantoclastiche agendo sulla realtà concretizzata dall'imponente figura del cavallo.
Tale animale permette l'azione del bambino, ma mantiene salda la sua funzione di portatore
- materno; inoltre favorisce il passaggio alla dimensione paterna, fallica, che consente
al bambino di vedersi come persona attiva che si valorizza.
La rilevanza del ruolo della terapista è da sottolineare
proprio perché nell'immaginario lippoterapia è stata rappresentata come una
pratica in cui il cavallo (animale da sempre descritto con doti di intelligenza superiore
nell'ambito del non umano) va a prendere il posto del terapeuta.
È invece la terapista che agisce da educatore diventando
l'Io-terapeutico (Io-ausiliare) che si affianca al bambino per aiutarlo ad interagire con
la realtà, nella fattispecie col cavallo. Affiancandosi al bambino, la terapista gli
permette di superare le fantasie fusionali nelle quali sono in gioco le dinamiche dell'oggetto
diadico onnipotente; il cavallo rappresenta infatti il femminile, con il suo
"portare", ed anche il maschile, con la sua forza, riproducendo quindi l'oggetto
genitoriale. In tale processo la terapista, come detto, introduce la creazione di
un "proto Io funzionale" che è il primo passo verso la realtà ed il senso del
sé. Il cavallo, in quanto oggetto transizionale, permette al bambino di
staccarsi dalla fusione con la madre e di prendere così coscienza delle proprie
possibilità di agire, di guidare, ponendosi quindi come individuo indipendente dall'Altro
con il quale esiste però la relazione. L'O.K. della terapista in tali dinamiche rinforza
proprio la differenziazione e mette in moto il processo di autovalorizzazione.
Ecco che nel setting triangolare "cavallo, terapista e
bambino" si giunge a costituire da una parte la diade, classica nella psicoterapia,
bambino-terapista, e dall'altra la realtà rappresentata dal cavallo.
Nella terapia a cavallo il bambino sperimenta la partecipazione
nell'agire e la soddisfazione nel riuscire che accompagnano la nascita del senso di
realtà. L'acquisizione di volontà, di tenacia e perseveranza e, soprattutto, di
autovalorizzazione, allontanano la dimensione di narcisismo primario caratterizzato da
egocentrismo ed onnipotenza, dimensione in cui vive il bambino autistico.
Con il cavallo il bambino attiva meccanismi funzionali alla nascita
della coscienza di sé: vissuti corporei e percettivi nelle diverse dimensioni, il
riconoscimento delle proprie potenzialità, la percezione delle proprie possibilità di
provare e costruire affetti, la facoltà di capire le relazioni con gli altri, la voglia
di godere di una certa autonomia; l'equitazione mette quindi di fronte a sé e agli altri
stimolando la crescita ed il rinforzo del Sé.
La relazione con il cavallo non è verbale ma si fonda su una comunicazione
analogica che comprende l'espressione fisica, la reattività emotiva ed una empatia
che si struttura su elementi istintivi. In quest'ottica l'ippoterapia può essere
considerata una terapia corporea in cui la comunicazione tra bambino e cavallo
avviene attraverso un dialogo tonico dove ad ogni movimento fatto dal cavallo
risponde uno fatto dal bambino e viceversa. La bellezza, l'imponenza, la potenza fisica
del cavallo, così come la sua socievolezza e curiosità, motivano il ragazzo a scoprire
nuovi orizzonti relazionali mettendosi alla prova e stimolando nuove reazioni
nell'"amico destriero".
La pratica dell'E.I.T. ippoterapica si struttura in diverse fasi quali
l'accoglienza, l'applicazione, la terapia e la valutazione.
- Accoglienza
: momento che risulta particolarmente importante perché ha il
significato di ricevere il bambino dalle braccia della madre per portarlo in un luogo in
cui iniziare un cammino di crescita grazie alla figura della terapista.
- Applicazione: è la fase in cui il bambino si avvicina al cavallo e viene fatto
salire su di esso; il movimento sinusoidale dell'animale ha da subito un effetto
rassicurante e calmante.
- Terapia e osservazione : si riferisce alla fase attiva in cui la terapista,
supportata da una formazione specifica e dall'équipe di osservazione, deve tener conto
delle reazioni del bambino, del cavallo, oltre che delle situazioni che si creano nel
setting.
In aggiunta alle abituali problematiche relative al setting nel suo
insieme, quali la scelta del cavallo e della sua alimentazione, la scelta della sella, dei
punti di riferimento alle pareti, luso della musica appropriata, la cura del terreno
e dei programmi da svolgere, la terapista deve affrontare le problematiche relative
alla situazione autistica, quali:
- Incontinenza emotiva
: essa viene controllata attentamente e continuamente dalla
terapista con l'uso della musica, del tono della voce, con il suo atteggiamento affettuoso
oltre che dal ritmo del passo del cavallo che, stimolando il sistema vagale, induce
tranquillità.
- Siderazione affettiva
: la terapista deve portare il piccolo paziente ad un vero
sviluppo affettivo riconoscendo gli atteggiamenti controfobici che si manifestano
attraverso un'apparente espansività affettuosa.
- Isolamento
: la terapista utilizza la relazione col cavallo per sviluppare la
partecipazione del bambino e il suo desiderio di esserci attivamente.
- Difficoltà cognitive
: occorre che la terapista trovi il modo, il linguaggio e
lo stimolo per far capire al bambino gli ordini e le situazioni che si sviluppano nel
setting, come per esempio il punto verso cui dirigersi attraverso i vari riferimenti del
maneggio.
- Riduzione dell'attenzione
: spetta alla terapista non far cadere l'interesse e
portare a compimento gli esercizi, facendo rimanere il bambino nel setting per tutto il
tempo previsto.
- Percezione pantoclastica del mondo
: la delicatezza del lavoro della terapista
porterà il bambino a percorrere lentamente il cammino della possibilità di assumere le
proprie responsabilità che, in un primo momento, saranno agite da lei. Esempio tipico è
il "dare le gambe" che assume per l'autistico un significato distruttivo così
che è necessario, molto spesso, che la terapista salga in groppa per aiutarlo (maternage)
e scaricarlo delle responsabilità. Allo stesso modo è necessario il suo intervento
quando il bambino si rifiuta di guidare e si aggrappa alla maniglia.
- Spinte regressive
: vengono incanalate in movimenti adattivi più efficaci che
sostituiscono atteggiamenti coatti e stereotipati.
- Valutazione
. Per valutare i risultati abbiamo utilizzato una scala composta da
21 items. Abbiamo inoltre avuto la possibilità di confrontare diverse situazioni
terapeutiche per quanto concerne i bambini autistici: la prima è caratterizzata da quei
ragazzi che praticano solamente l'ippoterapia; la seconda prevede l'affiancamento di
sedute di E.I.T. (tecnica descritta precedentemente dal Prof. Lucioni), e la terza,
scaturita dalle circostanze, analizza ragazzi che, dopo aver iniziato l'E.I.T. e
l'ippoterapia, si sono serviti solo della seconda per problemi contingenti familiari.
Le osservazioni che sono scaturite sono le seguenti:
- Solo ippoterapia
: i bambini dimostrano miglioramenti incostanti e scarse capacità
di accettare la propria autonomia.
- E.I.T. + ippoterapia
: si sono osservati notevoli miglioramenti comportamentali,
affettivi e di autonomia; i ragazzi sono arrivati a guidare il cavallo in modo quasi
autonomo.
- Mantenimento dell'ippoterapia e perdita dell'E.I.T
. (2 casi): l'interruzione
dell'E.I.T. ha portato ad un progressivo decadere delle prestazioni con la ricomparsa di
errori comportamentali quali urla, rifiuto di finire la mezz'ora di seduta ippoterapica,
abbracci controfobici alla terapista, necessità di sostegno della terapista che deve
montare in sella, adesività alla madre che deve restare nascosta.
Questi peggioramenti possono essere riferiti al processo di
autoidentificazione in atto che si è bruscamente interrotto. Infatti:
- La svalorizzazione di una buona relazione terapeuta-bambino fa emergere vissuti
abbandonici.
- La de-identificazione riporta il rapporto con gli oggetti ad un livello inferiore, ed
anche il cavallo, svuotato di valore, torna ad essere uno dei tanti oggetti senza
significato che vagano nell'inconscio.
- La perdita del valore del terapeuta riporta ogni processo intrapsichico alla dimensione
onnipotente.
- L'incontinenza emotiva torna quindi a dominare il quadro psicodinamico del bambino
apportando energia ai comportamenti problema: urla, fuga, movimenti coatti e ripetitivi,
ecc
Queste osservazioni ci hanno permesso di considerare l'E.I.T. come
basilare in questo modello terapeutico. Le caratteristiche autistiche infatti non
permettono di considerare sufficiente una terapia a cavallo, per quanto ricca di
accorgimenti. Essa viene vista come ottima integrazione e spinta per quei processi di
autoidentificazione e autovalorizzazione che prevedono, però, ore in palestra, nelle
sedute di E.I.T. Inoltre l'ippoterapia non rimane mai isolata, ma attentamente seguita
dall'équipe, ed ogni qual volta si incontrino difficoltà o si notino atteggiamenti nuovi
nel bambino non manca la discussione e la verifica durante le sedute di E.I.T. Il
processo, nel suo insieme, rende più facile sia la lettura degli avvenimenti, sia il
controllo delle reazioni emotive e delle "dinamiche di crescita" da tutti attese
con affettuosa ansia anticipatrice.
CONVEGNO VARESINO
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