INDIA ANTICA

Capolavori dal collezionismo svizzero

Museo d’arte Mendrisio

27 ottobre 2019 – 26 gennaio 2020

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INDIA ANTICA

Oggi possiamo ammirare solo delle parti del variegato e vasto mondo dell'antica arte indiana. Culla di tre religioni – buddismo, induismo e giainismo – ancora oggi in vigore, l'India ha un patrimonio culturale estremamente ricco, anche se si è preservato solo quello composto da materiali durevoli. Questo patrimonio racconta del rapporto dell'umanità con le forze ultraterrene che la governano e con l'universo in generale.

Di conseguenza, l'India è ricca di divinità di vario genere che rappresentano queste forze e il loro travalicamento. Il significato di queste divinità è costantemente rielaborato, e anche qualora il suo nome non cambiasse, la divinità è tutt'altro che statica. Curata da Christian Luczanits, esperto di arte indiana alla London School of Oriental and African Studies, la mostra si concentra sulle trasformazioni che queste divinità subiscono dalle prime rappresentazioni figurative alle più tarde forme espressive esoteriche (tantriche).

I cambiamenti di significato derivano solo in parte dai testi relativi alle divinità; tuttavia, le immagini parlano anche da sole e in relazione ad associazioni poetiche atemporali. Una yakṣī, una sorta di spirito naturale femminile responsabile della fertilità e del benessere, può chiacchierare con un pappagallo per evitare che riveli ciò che è successo la sera precedente. Al contrario, un Budda seduto e riccamente decorato allude a un risveglio che è stato reinterpretato dal punto di vista del buddismo esoterico.

Pur senza la pretesa di essere rappresentativa della totalità dell'antica arte indiana, la mostra copre aree essenziali. Gli oggetti esposti riflettono l'interesse occidentale per l'arte indiana, dove predominano temi buddisti e pacifici. La selezione è stata operata sulla base dei criteri di qualità e disponibilità.

La mostra è suddivisa in nove sezioni: Metafore poetiche; Animali leggendari; Tradizioni a confronto; Storie edificanti; Poteri femminili; Diramazioni esoteriche; Miracoli; Coppia divina; Divinità cosmica. Sono esposte sculture provenienti da varie regioni dell'India, Pakistan e Afghanistan. La datazione delle opere si estende su 14 secoli, dal II secolo a.C. al XII secolo d.C.

Biografia Luczanits

Christian Luczanits, curatore della mostra India antica al Museo d'arte Mendrisio, è uno dei più noti esperti di arte indiana e tibetana. Nato nel 1964 a Hinterstoder, in Austria, ha studiato tibetologia e buddismo all'Università di Vienna e ha conseguito il dottorato sotto la supervisione di Maurizio Taddei. È stato ricercatore all'Università di Vienna, ha insegnato nelle università di Berkeley, Stanford (USA) e Berlino, ed è stato anche curatore al Rubin Museum of Art di New York. Nel 2008-2010, insieme a Michael Jansen, ha curato una grande mostra sull'arte Gandhara, prima alla Bundeskunsthalle di Bonn, poi al Gropius Bau di Berlino e infine al Rietberg Museum di Zurigo. È docente presso la London School of Oriental and African Studies e sostiene i monasteri buddisti indiani e nepalesi nella gestione e nell'esposizione delle loro collezioni d'arte.

Quali i capolavori da non perdere

Pilastro di una balaustra con una śālabhañjikā

Mathura, I secolo d.C.

arenaria rossa, 137 cm

Questo pilastro del I secolo d.C., scolpito su entrambi i lati, è una rarità. Fa parte di una recinzione che circonda uno stūpa, un edificio costruito intorno alle reliquie del Budda. Da un lato c'è una yakṣī, che afferra un ramo fruttifero, simbolo della fertilità della natura. I tratti armoniosi del suo viso, i suoi ricchi gioielli e la sua elegante postura la rendono un capolavoro di grazia e sensualità. Sul retro si trovano quattro scene di leggende, mentre un'iscrizione ci rivela il nome del donatore con la sua dedica.

Yakṣi, pilastro di una balaustra

Mathura, I secolo a.C.

arenaria rossa, 68 cm

Il copricapo e degli elaborati gioielli inducono a interpretare la figura più come il ritratto di un’adorante che non una yakṣī. Si avvicina al santuario dove si trovava il pilastro sul quale è stata scolpita, tiene una ghirlanda e un frutto come offerte.

Pārvatī

Tamil Nadu, XI secolo d.C.

bronzo (lega di rame), 37.5 cm

Questo elegante bronzo raffigurante Pārvatī faceva parte di un gruppo con Śiva e Skanda che serviva come immagine processionale. Il gruppo veniva montato su un elaborato palanchino durante le feste dei templi per attraversare la città. I bronzi del regno dei re Chola, databili tra il IX e XI secolo d.C. segnano un punto culminante dell'arte indiana. Si caratterizzano per il modo in cui esprimono con grande sensibilità posture e gesti.

Bodhisattva Maitreya

Gandhara, II-III secolo d.C.

scisto grigio, 88 cm

L'arte del Gandhara è nota per le figure riccamente decorate dei bodhisattva. Questa scultura mostra Maitreya, il futuro Budda, il cui culto si è affermato per la prima volta nella regione del Gandhara. Maitreya è riconoscibile dai capelli sciolti e dalla fiaschetta tenuta nella mano sinistra (qui mancante). L’abbondanza di gioielli comprende orecchini a forma di leone, una lunga collana con scatole di amuleti e bracciali a forma di quadrifoglio, uno dei quali è coperto dalla sciarpa drappeggiata intorno al braccio superiore.

Budda incoronato

Bihar, Kurkihar, XI secolo d.C.

bronzo con intarsi di argento e rame, 37 cm

Il Budda di solito è raffigurato solo con una veste monastica. Sculture che lo mostrano, come in questo bronzo, con una corona e un’opulenta collana, apparvero per la prima volta nel X secolo e più frequentemente nell’XI secolo. Tutti i Budda incoronati compiono il gesto della chiamata della terra (bhūmisparśamudrā) e quindi potrebbero essere visti nel contesto della loro

illuminazione sotto l’albero della bodhi a Bodhgaya. In quest’opera, il superbo intarsio in

argento è stato utilizzato per evidenziare alcuni dettagli: il cakra sui piedi e nella mano sinistra,

l’ūrnā tra le sopracciglia e l’orlo dell’indumento. L’espressione trascendentale del viso è esaltata

dall’intarsio argentato degli occhi e dal rame rosso delle labbra.

Tārā verde

Bihar meridionale, XII secolo d.C.

fillade, 28.5 cm

In questa forma la dea della compassione è nominata nella letteratura Mahāśrī Tārā, "Tārā grande felicità". Le sue mani sono unite in un gesto di insegnamento (dharmacakra-mudrā). Un'iscrizione sotto i piedi della dea identifica il donatore, anch'esso rappresentato in ginocchio e con le mani alzate nell’atto di adorare. La scultura è estremamente fine e tipica dell'arte tardo buddista dell'India nordorientale.

Frammenti di pilastro di una balaustra

Mathura, I secolo a.C.

arenaria rossa, 56 cm e 100 cm

Le recinzioni degli stūpa buddisti abbondano di motivi che non possono essere attribuiti a nessuna particolare fede religiosa. Questi due reperti sono decorati con fiori di loto, animali e creature leggendarie, tra cui un leone e un mostro marino (makara). I motivi si riferiscono spesso all'acqua, poiché un approvvigionamento tempestivo e moderato durante il monsone è essenziale per l'agricoltura.

Architrave di un portale

Mathura, fine I - inizio II secolo d.C.

arenaria rossa, 25.5 x 100 cm l’una

L'antica arte indiana è ricca di rappresentazioni di animali e creature leggendarie, come dimostra questo frammento, parte dell’architrave di un portale. Da un lato un elefante e un kinnara - per metà uomo e per metà uccello – si avvicinano a una ruota, mentre dall'altro lato creature mitiche alate con torso umano e corpo leonino esprimono la loro venerazione. La Ruota della Legge simboleggia gli insegnamenti del Budda, il Dharma.

Vāgīśvarī

Uttar Pradesh, fine IV secolo d.C.

terracotta, 69 cm

In questo eccezionale altorilievo di terracotta, una donna elegantemente in posa guarda di lato con un'espressione arrabbiata. La sua bocca è mezza aperta e i denti sono ben visibili. La divinità afferra la lingua della piccola figura alla sua sinistra. La dea può essere identificata come Vāgīśvarī, dea del discorso, generalmente invocata contro un nemico. La composizione espressiva è caratteristica delle opere migliori del periodo Gupta.

Scena dal Māndhātā Jātaka

Andhra Pradesh, Amaravati, II secolo d.C.

pietra calcarea, 94 cm

Questo straordinario rilievo proviene da Amaravati, il più grande e importante degli stūpa fondati durante l'Impero Satavahana. Rappresenta il Principe Mandhata, mentre gode della vita celeste. Nella disposizione e nella particolare plasticità delle figure, questo rilievo è uno degli apici dell'arte di Amaravati.

 

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updated 30.03.23