Leggere è bello
Martedì 14 novembre 2006
alle ore 20.30
alla Trattoria Menghetti di Bigorio
ci raccogliamo attorno al libro
"Di vita e di pieve"
Di Carlo Anselmini e Franco Ferrari.
Saranno presenti gli autori.

Informazioni
Erina Forni, (-Belli)
Lelgio
6951 Odogno
Ticino
091 943 64 59

Possibilità di cenare prima
Trattoria Menghetti
Menghetti Lucienne
6954 Bigorio Capriasca
091 943 24 01

LINK: CAPRIASCA


 
Leggere è bello
Martedì 23 maggio 2006
alle ore 20.30
alla Trattoria Menghetti di Bigorio
ci raccogliamo attorno al romanzo
"Graffiando il Novecento"
Di Michela Persico Campana.
Sarà presente l'autrice.

Informazioni
Erina Forni, (-Belli)
Lelgio
6951 Odogno
Ticino
091 943 64 59

Possibilità di cenare prima
Trattoria Menghetti
Menghetti Lucienne
6954 Bigorio Capriasca
091 943 24 01



di
Irene Marcionetti
.

Michela Persico-Campana avrebbe desiderato diventare maestra, ma, frenata dall’estrema severità di un professore del ginnasio, dovette ripiegare per la sezione che allora veniva denominata “per le maestre d’asilo”. La vita le ha sottoposto alcune stupende sfide: allevare tre figli, una bambina in affido, e crescere con loro; assumere il ruolo di monitrice nella locale Società Federale di ginnastica e curare il suo primo libro, che è un gesto d’amore nei confronti della sua zia, maestra per quarant’anni a San Nazzaro e poeta inedita: Irene Marcionetti. Graffiando il Novecento. “Non sono di nessuno”: le parole di una donna nascosta, Edizioni Ulivo, Balerna 2005.

Si deve a Michela Persico-Campana, nipote della scrittrice, se questo prezioso libro giunge alla luce. Essa infatti ha salvato dall'oblio e dalla distruzione le carte disperse della zia Irene, poetessa ai più sconosciuta in Ticino, ma non estranea ai fermenti della poesia del Primo Novecento e portatrice di una acuta sensibilità femminile. Ne nasce un libro armonioso e limpido, in cui si fondono sapientemente le prose e i versi della poetessa alle note e commenti della nipote, questi ultimi mai soverchianti le parole della autrice, ma quasi marginali e in disparte, per guidare il lettore alla connessione di eventi, circostanze, fatti. Note si direbbe, di servizio, ma non solo, perché la profonda empatia che lega la curatrice alla autrice, si svela nella condivisione di quel mondo e di quegli ideali per i quali Irene Marcionetti è vissuta.
Irene Marcionetti nacque a Sementina il 27 aprile 1904 e morì a Locarno nel 2004. Fin da bambina manifestò in famiglia il suo spirito libero ed aperto, la sua vivacità intellettuale. Il padre Pietro la avviò agli studi magistrali e insegnò a San Nazzaro per lunghi anni. Molti dei suoi testi, ora confluiti nel libro, furono pubblicati sulla rivista "Il Dovere", cui collaborò con rapide prose, capaci di focalizzare in poche righe il cuore di una situazione e di un problema, a volte piegate sulla pagina di diario e sullo sfogo interiore, a volte contenenti una denuncia, un grido: "Mamma, perché non mi hai cucito le palpebre con un filo di ferro; perchè non hai messo le tue forti palme alle mie orecchie? Mamma, i miei occhi hanno visto la bruttura del mondo... La mia pupilla si è dilatata dallo sgomento. Mamma, le mie orecchie hanno udito i vituperi e le bestemmie dei sobborghi. Hanno udito piangere e mentire. Mamma, tu non hai saputo cucirmi le palpebre. Tu non hai saputo mettere le tue palme alle orecchie. Ed ho perduto il paradiso" (p. 51). I due toni, quello intimistico e privato e quello sociale, non vanno visti distinti né opposti, essi infatti coesistono in una sensibilità ove il sentire personale e quello pubblico (ricordiamo i suoi articoli a favore della condizione femminile) sono una cosa sola. Animo orgoglioso e indipendente, Irene Marcionetti, ebbe un senso vivo della contingenza del vivere che trasfuse nelle sue liriche ed in una in particolare che potrebbe essere assunta a modello e paradigma del suo sentire : "Non sono di nessuno: / neppure di me stessa. / Forse - mi hai tu - a volte, / uragano che torci i prugni / e recidi i rossi viticci / e sopra le vigne cali / cortine di pioggia bianca, / e tendi sulla vallata / la nuvolaglia verde - e poi / l'ammucchi. / Ti voglio bene e male. / E tu mi accarezzi con aria calda / e mi porti odor di sambuchi / e di caprifogli; e a un tratto mi premi / mi sbianchi gli occhi / mi fai dolorare insieme alla terra. / Resto nel vano di un muro, / afflosciata. / Ancora tu accendi sui monti / fiori di fuoco / e in azzurri le lastre nei boschi. / Ma poi - / adagio e cauta - / ti sfuggo. / E già ora non sono più tua, / e non son di nessuno" (p. 45). Il delicato eros della sua poesia la avvicina alle più vive voci del Novecento; tra queste ricordiamo Sibilla Aleramo, con la quale Irene Marcionetti ebbe un interessante scambio epistolare. Irene partecipò vivamente alle vicissitudini umane e letterarie della Aleramo e alle difficoltà di emergere da parte di una donna nel mondo culturale di allora. Le due poetesse si incontrarono per la prima nel 1929 e poi ancora nel 1931 e nel 1933. Il libro raccoglie alcune lettere intercorse tra le due donne, ritrovate e conservate dalla nipote. La Aleramo, che lesse i versi di Irene, la sollecitò vivamente a continuare a scrivere, invitandola anche alla pubblicazione ("Se un giorno vorrai raccogliere in un volumetto i tuoi lavori, e vorrai da me una parola di prefazione, te la manderò con gioia" - p. 69 - lettera del 9 febbraio 1931). Già nel 1929 la Aleramo si esprimeva favorevolmente verso le poesie di Irene; esse sono vere poesie e non esercizi letterari né meri sfoghi intimistici; attribuiva quindi la Aleramo ai versi di Irene una dignitas artistica che oggi la lettura ci restituisce integra oltre la patina del tempo. In particolare la Aleramo individuava nei versi della Marcionetti "una grazia, una delicatezza, una purità di tocco commoventi" e poi: "continua a 'notare' così, per te, i tuoi momenti più intensi o più alati. E poi un giorno ti troverai fra le mani una buona messe, ch'io ti aiuterò, se vorrai, a distribuire altrui" ( p. 73 - lettera del 10 novembre 1929).
La tessitura del libro, saggiando la personalità di Irene, sfiora tutti i suoi temi più cari (la donna, la natura, la solitudine, il rapporto con il corpo e la malattia, l'insegnamento che visse come un'offerta), presentando in chiusura un nutrito gruppo di liriche ed anche una serie di dipinti e disegni della scrittrice che non disdegnò di cimentarsi anche con altri mezzi diversi dalla parola.




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updated 03.02.23