ISTITUTO SUPERIORE DI
SCIENZE UMANE APPLICATE

 

Emotività, affettività, intelligenza:
neurofisiologia e psicodinamica della mente.

Romeo Lucioni

PAGINA 1 :     REALIDAD
PAGINA 2 :     EMOTIVITÀ, AFFETTIVITÀ, INTELLIGENZA

PAGINA 3 :     SISTEMA LIMBICO

PAGINA 4 :     STRUTTURA DELLA MENTE

COMMENTO E CONCLUSIONI

In una visione olistica del funzionamento della mente, l’identificazione di una intelligenza divisa in emotiva, affettiva e razionale non deve essere intesa come categorizzazione o come organizzazione dI "centri". Non bisogna credere che le capacità funzionali siano innate e prestabilite (sarebbero delle strutture), sono, invece, anche loro modificate dall’esperienza esattamente come abbiamo visto parlando della strutturazione ioica (Lucioni,1999); in questo modo la risposta è sempre diversa e modificabile, permettendo un meccanismo di adattamento e di crescita.

Da quanto detto potremmo presentare uno schema della funzionalità della mente così strutturato:

Risposta

Risposta

Risposta

ma, tenendo conto delle osservazioni cliniche frequentissime in ogno studio psichiatrico, dobbiamo prevedere un sistema più complesso che cerchiamo di raffigurare con modificazioni di uno schema già proposto:

Risposta (A)

Risposta (B)

Risposta (C)

Risposta (D)

Risposta (E)

In questo modo possiamo cercare di prospettare un funzionamento mentale che integri emotività, affettività e razionalità tenendo conto anche di processi consci, preconsci ed inconsci che, comunque, interferiscono nel determinismo delle risposte comportamentali. Nello schema si vuole sottolineare la particolare importanza delle concomitanti affettive nella regolazione e nel controllo di tutte le funzioni superiori.

Abbiamo visto che ognuna delle tre funzioni psico-mentali rispondono a capacità funzionali e all’esperienza, in tal modo che ne risulta un continuo adattamento e sviluppo; ne consegue che anche "la mente" funzioni in maniera costantemente adattata, modificata, rispondente alle necessità e ad un controllo retroattivo.

In questo modo si può immaginare come il comportamento sia il risultato di accomodamenti continui tra spinte emotive, affettive e razionali che, a loro volta, influenzano e sono influenzate da meccanismi inconsci che nello schema abbiamo identificato come "nucleo nevrotico o personologico" e come "sistemi fondati su pregiudizi e scelte predeterminate".

Questi due ultimi meccanismi per lo più non intervengono in forma costante e/o continuativa, ma solo a volte, improvvisamente, a tipo cortocircuito, vale a dire che quando sono attivati "esplodono" quasi come nei casi di "incontinenza emotiva".

Questa osservazione è giustificata dall’esperienza clinica, in quanto, spesso, si riscontrano risposte comportamentali inadeguate ed anche autolesive proprio quando si innescano per esempio: "modelli abbandonici", "crisi di frustrazione", "vissuti paranoidi di autoriferimento", eccetera.

Si hanno però anche dati sperimentali che chiarificano queste modalità di risposta: il sociopsicologo John Bargh (1992) ha messo in evidenza come "idee precocette" ed anche "inneschi sociali presenti subliminalmente, possono attivare uno stereotipo e influenzare il comportamento.

Queste risposte si estrinsecano "quando meno te l’aspetti" e si possono considerare "inconsci", contro-intuitivi e, proprio per questo, risulta difficile studiarli in maniera scientifica.

Nello schema proposto si vuole riconoscere come le risposte A,B,C siano inconsce e quindi ingiustificabili alla luce di una vera e propria analisi razionale coerente e consequenziale; al contrario, le riposte D,E sono consce e quindi analizzabili e perfettamente giustificabili ad un’analisi cognitiva. Le risposte A,B,C rispondono e sono caratterizzate da un"senso"; quelle D,E hanno invece un preciso "significato" conscio e razionale (vedi Lucioni,1996).

Nello schema risulta anche chiara l’importanza del controllo affettivo sul comportamento e questo giustifica l’importanza degli interessi e delle relazioni interindividuali (intelligenza socio-affettiva) così come dell’autonomia e dell’autocontrollo (capacità di sbrogliarsela) (Renè Zazzo,…).

Abbiamo sottolineato che anche le funzioni affettive vengono modificate dall’esperienza e riportiamo a continuazione una sequenza di modalità di autocontrollo per raggiungere un buon "funzionamento affettivo":

- aver fiducia in sè e non scoraggiarsi

- non essere sbadati, ma attenti alle proprie esperienze

- evitare commportamenti e atteggiamenti ostili e astiosi (inclinazione malevola, odio)

- avere fiducia negli altri ed essere meno cinici

- evitare frustrazioni ed irritazioni, rabbie ed ira

- essere gentili ed indulgenti

- non gioire perchè vi temono

- non essere animosi e/o opprimenti

- non vivere ossessivamente il bisogno di non perdere tempo

- non isolarsi, ma cercare relazioni e rapporti

- non temere di difendere le proprie idee (avere il coraggio di difendere le proprie idee

ed i propri interessi senza offendere nessuno)

- cercare di controllare i sentimenti, non di nasconderli

- imparare a percepire sentimenti, impulsi, esigenze, ma anche a saperli tenere sotto

controllo

- affrontare i problemi dell’esistenza tranquillamente e con equilibrio

- evitare gli stress

- non vivere la vita come lotta contro il destino, ma ricerca quotidiana di "qualità"

- non vivere nella confusione e nella contraddizione

- imparare a perdonarsi e a perdonare

- non soffermarsi sugli insuccessi, ma sul come superarli

- non ingigantire le proprie debolezze e/o difficoltà

- non fare dell’autodisciplina e dell’autocontrollo forme irrinunciabili di autogestione:

goditi la vita

- non rinunciare alla spontaneità ed alla semplicità

- imparare ad aver fiducia e a cercare un confidente

- non cedere al fascino del fare, ma amare anche il proprio "essere"

- non rinunciare a dare un consiglio, così come di riceverlo

ricordare che:

- il successo è anche fortuna

- nella sfera dei sentimenti sono più importanti sogni ed illusioni che un rigoroso realismo

- spesso la VERITÀ non è quella vera

- le illusioni e le fantasie apportano energia alla volontà ed alla determinazione

- far cambiare l’Altro dipende anche dal far cambiare se stessi

- l’Altro può essere la persona giusta che si sta aspettando, ma non che lo è solo perche

"losi vuole"

- non basta "dare", bisogna anche imparare a "chiedere"

- non bisogna sempre chiedere, è necessario anche con-cedere

- il successo non è solo frutto del volere, ma anche dell’aspettare

- non basta "conoscere", bisogna anche accettare e "com-prendere"

- i sentimenti degli Altri non vanno solo conosciuti, ma anche accettati.

Questa "consigli" per lo sviluppo dell’affettività spingono alla creatività che è superamento dell’adattamento e crescita sul piano dell’autoriconoscimento e della valorizzazione delle proprie "qualità psico-mentali".

In un lavoro sull’identificazione (Lucioni,1998) abbiamo messo in evidenza come sia necessaria una funzione di "autoriconoscimento" per poter prevedere un Io che si forma dall’esperienza: "… noi non nasciamo come Io. Ma dobbiamo imparare ad essere degli Io …" (Popper,1981).

In questa asserzione sta il problema di tutto il processo della organizzazione della mente.

A- Se pensiamo ad un Io-funzione-psichica, che si crea partendo dall’esperienza,

dobbiamo accettare una certa capacità iniziale di riconoscersi come se-stessi

e, quindi, ammettere la primitività di un sistema affettivo.

B- Se pensiamo ad un Io che rioconosce l’Altro, valorizzandolo e introiettandolo,

dobbiamo prevedere una struttura iniziale con capacità cognitive.

Dobbiamo quindi escludere una struttura precostituita proprio perché crediamo nella "funzione-Io" che si va sviluppando modificandosi con l’esperienza e, a questo punto, accettiamo che le funzioni affettive precedono quelle cognitive.

L’autoriconoscersi, l’autovalorizzarsi e porsi narcisisticamente al centro del mondo, che verrà poi ri-conosciuto come "altro da sé", diventano le funzioni primitive di quell’Io-primordiale che anticipa tutte le potenzialità dell’Io.

In questo modo però accettiamo anche che le funzioni affettive precedono nel tempo quelle cognitive e che, queste non si possono strutturare se prima non si è formata l’autoconoscenza (modalità affettiva nel rapporto con il Sé).

Nella terapia dell’autismo, questa osservazione è di particolare importanza proprio perché incide notevolmente sulle scelte terapeutiche poiché:

  • seguendo un modello cognitivista si ottengono buoni risultati nello sviluppo di un certo grado di capacità comunicative (i soggetti diventano capaci di scrivere al computer frasi coerenti e ben strutturate); sul piano relazionale, invece, le difficoltà restano veramente rilevanti e si può considerare che il "ritiro autistico" risulti quasi immodificato;
  • nelle terapie ad impronta psicodinamica, che tendono a sviluppare armonicamente l’Io e, soprattutto, le valenze affettive (come per esempio nella E.I.T.- terapia di integrazione emotivo-affettiva), i soggetti recuperano qualità relazionali riferite all’autovalorizzazione, all’autostima e al senso di "poter essere se stessi". Il risultato che si ottiene è principalmente di miglioramento delle prestazioni socio-relazionali (motorie, emotive ed affettive) ed in un secondo tempo cognitive (Lucioni,1997).

Nei ragazzi autistici è sempre evidenziabile una difficoltà ad agire le proprie potenzialità (funzionali sensomotorie, di tenuta, di memorizzazione) dal momento che le "responsabilità" di essere se stessi, di agire, di operare e/o di rispondere alle richieste tende a bloccare tutto il funzionamento psichico e a costringere all’uso di modalità ripetitive e coatte che fungono da meccanismi controfobici.

Solamente attraverso il recupero delle potenzialità di autoriconoscimento, di autovalorizzazione, di sviluppo della motricità complessa ed il superamento di una "violenta emotività" improntata a paura e/o a terrore, si riesce a raggiungere una mentalizzazione più libera e funzionalmente "olistica" che supporta più adeguati comportamenti socio-relazionali e, soprattutto, una liberazione di spunti volitivi che conducono all’autosperimentazione e, di conseguenza, alla moltiplicazione delle esperienze che diventano autodirette e non più solamente eteroguidate e supportate.

Stabilita l’importanza dei meccanismi affettivi fondati sui valori, anche per la loro funzione equilibratrice, da una parte sulle emozioni e dall’altra sulla elaborazione razionale, dobbiamo però ribadire che, anche se le tre funzioni si possano sviluppare in maniera indipendente, in realtà esse sono costantemente integrate e, quindi, ogni comportamento è il risultato della loro reciproca interferenza: l’intelligenza razionale, quella affettiva e quella emotiva sono concomitanti e si influenzano reciprocamente, ma non sono la stessa cosa.

Intelligenza emotiva – IE

  • risponde ad una struttura anatomo-funzionale ben determinata (il sistema limbico);
  • è il risultato di un interagire tra "capacità funzionale" e "processi esperenziali";
  • è supportata da meccanismi mnesici propri (amigdala e ippocampo) ed anzi sembra particolarmente sensibile agli stimoli che non sono accessibili alla sua controparte cosciente;
  • manda una informazione importante e continua alle strutture dell’affettività e ne riceve un flusso di controllo che è deputato alla sua modulazione (in aumento e/o in difetto);
  • è direttamente implicatanelle risposte biologiche motorie e, soprattutto, quelle viscerali, attraverso l’ipotalamo;
  • permette reazioni rapide ed immediate (che negli animaliinferiori risultano essere fondamentali per la sopravvivenza e per la riproduzione);
  • apporta energia psichica a tutto l’apparato psico-mentale attraverso i meccanismi istintive responsabili del senso di piacere e del dispiacere;
  • rispecchia quella parte istintiva del Sé approntata dall’Io come "ideale dell’Io".

Intelligenza affettiva - IA

Dal punto di vista anatomo-funzionale, questa attività mentale dipende dalle aree della corteccia prefrontale che da un lato sono collegate sia al sistema limbico che a quasi tutte le altre parti della corteccia; implicitamente riguarda i meccanismi di controllo delle emozioni, ma, soprattutto, è legata al mondo dei "valori" che si riferiscono al sé, agli altri, al mondo e alla natura, rispettando dinamiche ecologiche e, per altro, alle modalità operative implicate nella vitalità, nella iniziativa e nella creatività.

L’affettività è espressa da sentimenti sottesi all’autoriconoscimento, all’autostima, all’autovalorizzazione, all’empatia, all’autogestione, alle motivazioni, alla volontàe all’impegno, oltre che alla valorizzazione ed al rispetto dell’altro, all’identificazione nei modelli, all’organizzazione equilibrata delle relazioni interpersonali.

Non è una funzione innata, ma si va strutturando sulla base delle esperienze e di capacità che, però sono a loro volta modificabili. Le prime espressioni affettive riguardano già i primi giorni della vita extrauterina con lo sviluppo di un "proto-Io-onnipotente" e attraverso le prime esperienze sociali che riguardano il rapporto insostituibile con la madre.

L’intelligenza affettiva non é la stessa cosa di quella razionale, anche se di questa forse ne è la fonte e il punto di partenza dal momento che le osservazioni cliniche hanno dimostrato che senza lo sviluppo degli affetti non si ha quello cognitivo.

L’affettività è una funzione ancora da studiare e da approfondire, non solo nei suoi significati e nelle sue espressioni, ma, soprattutto, per quanto riguarda le strutture anatomo-funzionali ed i legami con le capacità cognitivo-intellettive.

Nel suo continuo modificarsi e strutturarsi contestualmente con le esperienze, accompagna tutte le tappe dell’esistenza e acquista, nella vecchiaia, particolare rilievo nei trasferimenti libidici e nel cambiamento che si verifica nel passaggio dai sentimenti legati alla perdita come angoscia di castrazione (problematiche edipiche) a quelli connessi con le sensazioni catastrofiche dell’angoscia di morte.

Un aspetto particolarmente importante riguarda il lato psicopatologico degli affetti, anche in relazione con una malattia come la demenza tipo Alzheimer che sta assumendo i caratteri di una epidemia silente.

Intelligenza razionale – IR

Riguarda l’intreccio funzionale di una gran parte della neo-corteccia e, da un lato, si riferisce alla comprensione del "significato" oggettivo e universale degli stimoli, ma, per altro, risulta imprescindibile per comprendere le cose, gli oggetti, le esperienze, i fatti e gli accadimenti.

Il suo dimensionamento nei parametri dello spazio e del tempo la costringe ad una precisione e ad una concatenazione seriale che la rendono logica, deduttiva, analitica e capace di fare previsioni.

Anche l’IR risponde ad una capacità funzionale ed è modificata dall’esperienza, così che risulta modificabile e adattabile alle richieste. I test per l’intelligenza sono particolarmente adatti a determinarne la capacità funzionale, ma risultano anche

Influenzabili dall’attenzione, dalla tenuta, dall’interesse e dalla volontà.

Questa osservazione ci porta a considerare la stretta relazione che intercorre tra intelligenza e coscienza, un tema che, ancora irrisolto, risulta un vero rompicapo per i ricercatori che l’affrontano. Nel presente lavoro, basti ricordare che il tema della espansione e della contrazione della coscienza va forse oltre la IR e coinvolge molto di quel senso di sé che caratterizza, per molti aspetti, la IA.

Se questa però riguarda gli aspetti della creatività e della fantasia dell’intelligenza, la IR permette di restringere il campo per poterne analizzare tutti gli aspetti e, quindi, raggiungere quella oggettività indispensabile per risolvere i problemi, ma anche per dare sicurezza nelle scelte e nel produrre previsioni.

La differenza tra affettività e razionalità può essere misurata sulle seguenti osservazioni:

  • la valutazione cognitiva di una rappresentazione percettiva non si perde quando lesioni frontali disturbano la parteciapazione emotivo-affettiva;
  • si può osservare come uno stimolo venga giudicato buono o cattivo prima ancora di sapere esattamente di che si tratti;
  • i meccanismi mnesici che registrano, immagazzinano e recuperano le esperienze affettive sono diversi da quelli che permettono la conoscenza. Lesioni dei primi permettono memorie senza "parteciapazione"; lesioni dei secondi non ci permettono di localizzare una particolare emozione nel tempo e nello spazio;
  • le valutazioni affettive sono più strettamente legate alle emozioni, mentre l’elaborazione cognitiva è meno sensibile alle riverberazioni emotive;
  • proprio per quanto ricorsato sopra, si può giustificare il fatto che il semplice pensare un fatto non si accompagna ad una reazione emotiva.

Le osservazioni cliniche che hanno permesso di accertare come non possa svilupparsi la "cognizione" se prima non si sviluppa la dimensione affettiva, non significa che la IR sia subordinata alla IA, ma solamente che la prima necessita di un funzionamento mentale sviluppato e strutturato per poter raggiungere quella complessità funzionale che le è caratteristica: la ragione ha bisogno di sicurezze (per esempio, contenimento emotivo) per poter lanciarsi al suo proprio "glorioso destino".

A volte si legge di soggetti autistici dotati di una straordinaria capacità cognitiva, ma ricordiamoci che queste persone sviluppano solo una piccola porzione di quella che è la reale potenzialità intellettiva.

L’IR è anche legata strettamente allo sviluppo mnesico, soprattutto di quella parte di memoria denominata "di lavoro" e questa osservazione dà ancor più l’idea di come sia complessa la funzionalità cognitiva che, per altro, concerne il tema del simbolico. Questa grande conquista della mente ha veramente permesso di raggiungere le vette straordinarie di un pensiero capace di immaginare l’estremamente piccolo e l’immenso, il semplice ed anche la più grande complessità, liberandosi, in un certo senso, dalla fantasia e dall’illusione che, al di fuori del tempo e dello spazio, non sono più legate alla realtà.

* * * * *

Per concludere, possiamo dire che l’intelligenza dell’uomo è fatta di parti emotive, affettive e cognitive che, componenti di quella che chiamiamo mente, interferiscono e agiscono in concomitanza, anche se, a volte, una può prevalere sulle altre. Proprio in questo equilibrio di spinte e di controlli sta il senso della vera intelligenza per la quale si può arrivare a scrivere una semplice frase come:

Grazie …

hai seminato l’amore

nel mio cammino !!! (lerre)

che, nella sua struttura cognitivo-simbolica, racchiude tante emozioni ed una profonda carica affettiva.

- Brockert S. – Braun G. (1997), Scopri la tua intelligenza emotiva, A. Mondadori.

- Damasio A.R., L’errore di Cartesio (1995), Adelphi Edizioni, Milano.

- Goleman D., Intelligenza emotiva (1996), Rizzoli s.p.a., Milano.

- Greenspan S.I. (1997), L’intelligenza del cuore, Arnoldo Mondadori Edotore.

- Le Doux J., Il cervello emotivo (1998), Baldini&Castoldi, Milano.

- Levi Montalcini R. (!998), L’asso nella manica a brandelli, Baldini&Castoldi.

- Popper K.R. – Eccles J.C.(1994), L’io e il suo cervello, vol.II, J.C Eccles

Strutture e funzioni cerebrali, Armando Editore, Roma.

- Salomone Strocchi L. (1998), Il posto vuoto, Omega edizioni.

- Slepoj V. (1996), Capire i sentimenti, ArnoldoMondadori Editore.

- Tornese E. – Mendez N.A. (1997), Anatomia de la sustancia innominada,

Encrucijada en Neurociencia, a.I-vol.I-n1, pag.25-30.

PAGINA 1 :     REALIDAD
PAGINA 2 :     EMOTIVITÀ, AFFETTIVITÀ, INTELLIGENZA

PAGINA 3 :     SISTEMA LIMBICO

PAGINA 4 :     STRUTTURA DELLA MENTE

LINKS:

Torna alla HOME PAGE
Attività Terapeutico Assistenziali
Attività Divulgative

Ricerca e impegno sociale     
Alzheimer / Network di studio della malattia di Alzheimer
Autismo
A.C.E.I.  /  Association for Childhood Education International  /  Associazione Internazionale diEducazione  Infantile

Istituto Superiore di Scienze Umane Applicate
Lombardi nel mondo
Audioconferenze
Poetica
Glossario