ISTITUTO
SUPERIORE DI |
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Emotività, affettività,
intelligenza: neurofisiologia e psicodinamica della mente. Romeo Lucioni PAGINA 1 :
REALIDAD SISTEMA LIMBICO o LOBO LIMBICO é una parte del cervello sviluppatasi dal vecchio cervello olfattivo che è rimasta adibita allesperienza emozionale e ad una parte della funzione memoria. Comprende aree primitive della corteccia cerebrale, distinte dalle aree neocorticali (recenti) che vengono chiamate anche archicorteccia.
Nello schema riportato da Popper e Eccles (1981) Recentemente (Elba Tornese e Norberto A.Mendez, 1997) è stata riconosciuta limportanza della sostanza innominata (SI) o Nucleo di Meynert (NEM), situata nelle vicinanze del globo pallido e della sua via di scarica lansa lenticolare. In questo gruppo endopeduncolare si riconoscono:
Questo sistema è un centro limbico e produce una unione reciproca con lamigdala e con lippotalamo. Il nucleo basale di Meynert è magnicellulare e lancia le sue connessioni acetilcoliniche a tutta la corteccia cerebrale. Le sue connessioni riguardano lamigdala, lippocamo e la sua attività rientra nei processi della memoria e dellapprendimento. La stimolazione del NBM e della SI agisce sulla regolazione del flusso sanguigno cerebrale locale (FGCL), nella corteccia frontale, parietale e occipitale di ratti ammaestrati. Recentemente si è verificata anche limportanza della SI nella malattia di Alzheimer, nella quale si dimostra una correlazione primitiva con la sintomatologia. * * * * * Nelle strutture cerebrali più antiche, come è appunto il lobo limbico, hanno luogo selezioni di risposte delle quali non si ha coscienza, quindi, non sono deliberate, né determinate da una volontà. Queste risposte si potrebbero definire come forme elementari di decisione (Antonio R.Damasio,1995) e, in un precedente lavoro (Lucioni,1995) sono state indicate come risposte automatiche o emotivo istintive. Per gli organismi che hanno un cervello che comprende solo strutture arcaiche (per es. i rettili) la comprensione di questi meccanismi di risposta sono facilmente intuibili e comprensibili: lo stimolo determina una risposta immediata e determinata dal livello di tensione. Diverso è il problema quando viene trasferito ai mammiferi superiori e, soprattutto, alluomo. Parlando delle emozioni Damasio (1995) riporta come sia stato William James (" le cui intuizioni sulla mente umana si possono porre a confronto con quelle di Shakespeare o di Freud ") a formulare, circa un secolo fa, unipotesi sorprendente sulla natura delle emozioni. Per James le emozioni erano risposte somatiche (accentuazione del battito cardiaco, contrazione del respiro, tremito delle labbra, indebolimento degli arti, pelle doca e visceri in subbuglio), senza nessuna partecipazione mentale. La critica che fu mossa a James fu quella di non aver tenuto conto della partecipazione mentale delle emozioni più complesse (per es. gelosia, rabbia, ripugnanza, ecc.), ma la lucidità di questo Autore va messa in evidenza alla luce anche delle nostre osservazioni che riportano le emozioni a meccanismi innati ed inderogabili. Danasio risolve la diatriba parlando di emozioni primarie e di emozioni secondarie. A emozioni primarie Queste, che Damasio definisce "alla James", determinano delle risposte per lo più somatiche che interessano visceri, muscoli scheletrici, ghiandole endocrine, sistema vascolare e sistema immunitario (per es. il cuore martella, la bocca diventa secca, la pelle si scolora o si ruborizza, lintestino si contrae così come la vescica, i muscoli del viso fanno cambiare la mimica, ecc.). Queste reazioni sono state confermate da moltissimi ricercatori che le hanno considerate dipendenti dallattività dellamigdala, dellipotalamo e del cingolato anteriore. Rifacendoci allosservazione che queste reazioni emotive primarie hanno il loro substrato anatomico nel sistema limbico, vale a dire nel cervello antico o cervello dei rettili, dobbiamo sottolineare che hanno un significato preciso ed uno scopo funzionale altrettanto specializzato. Le emozioni possono essere considerate come risposte specializzate e fisologiche, che hanno permesso agli organismi ancestrali di sopravvivere e di procreare in ambienti ostili. Negli organismi superiori risultano ancora efficienti reazioni agli stimoli, che però vengono controllate da meccanismi psico-neuro-biologici più evoluti. Quando abbiamo parlato di risposta automatica o risposta emotivo-istintiva (Lucioni,1996) ci riferivamo appunto ad un processo di causa-effetto nel quale una partecipazione emotiva intensa fa confluire sufficiente energia per dare una rapidissima risposta neuro-vegetativa (accelerazione dei battiti cardiaci, aumento pressorio, modificazioni mimiche e somatiche adeguate, ecc.) e altrettanto veloci e validi adattamenti motori, con tempo di latenza corto. Tali reazioni, se ci riportiamo al mondo animale, sono sempre risposte di difesa, dirette, istintive, automatiche, precisamente finalizzate come sono appunto la fuga, lattacco, il nascondersi ed il mimetizzarsi. Non bisogna credere che queste risposte abbiano un valore più basso rispetto ad altre più meditate o più ragionate, proprio perché compiono una funzione ben precisa e rispettano altrettanto puntuali necessità biologico-funzionali. Queste risposte automatiche che abbiamo anche chiamate emotivo-istintive rispondono anche a gradienti precisi che sono la capacità e lesperienza. Capacità funzionale Risposta di difesa STIMOLO + Esperienza automatica e istintiva Linsieme delle modificazioni somatico-funzionali, come dice Damasio (1995), definisce un profilo di scostamento dalla omeostasi nel quale però lorganismo, nella sua totalità, opera sicuramente al proprio meglio (come rendimento legato agli obiettivi), rispettando il minimo dispendio di energia, la semplicità e la velocità di esecuzione. Il problema dellesperienza, a cui ci siamo riferiti, è di grande importanza e interesse proprio perché presuppone limpiego di un processo mnesico efficace e rapido. Sembra di poter rispondere a questo quesito con le osservazioni di molti ricercatori che hanno dimostrato che sia lamigdala che lippocampo rispondono come centri di spviluppo della memoria. Possiamo dare un nome a queste emozioni primarie: che si classificano per il grado di intensità di una stessa carica emotiva e che sicuramente rispondono al livello di esperienza. Analizzando queste risposte emotive primarie che consideriamo legate alla emotività vera, ci rendiamo conto che il quadro espressivo-comportamentale è caratteristico di situazioni patologiche precise. Se osserviamo i pazienti Alzheimer vediamo come in loro ci sia una totale incapacità di controllare le emozioni e, quindi, ci troviamo di fronte a quella che spesso gli psichiatri chiamano emotività libera, cioè non sottoposta a processi di controllo. Da un punto di vista anatomo-funzionale, potremmo parlare di liberazione dellemotività da quei sistemi di modulazione esercitati dagli impulsi che seguono la via lobo limbico lobo prefrontale (e viceversa) che già abbiamo discusso. Le lesioni corticali e forse anche quelle della Sostanza Innominata, che sempre più vengono ritenute come caratteristiche della malattia di Alzheimer, forse giustificano quella incontinenza emotiva tanto caratteristica e uno dei primi segni della malattia insieme alla perdita della memoria. (Anticipiamo che un altro sintomo caratteristico della m. di Alzheimer è la freddezza affettiva che verrà evidenziata più avanti). Questa stessa sintomatologia (a volte anche particolarmente violenta perché si esprime come un vero e proprio terrore) si osserva nellautismo, disturbo nel quale non si evidenziano lesioni o fatti degenerativi a carico dei lobi frontali, ma per il quale si parla di una mancata maturazione dei sistemi di controllo esercitati appunto dai lobi frontali. Alle emozioni primarie sin qui analizzate si potrebbero aggiungere altre, in base alle diverse capacità di risposta, di contenimento e di esperienza:
In questa sequenza troviamo delle espressioni per così dire positive ed altre negative, passive. Questo fatto, apparentemente contradittorio, ci farebbe pensare, al contrario, che il controllo esercitato dai lobi frontali sui meccanismi limbici delle emozioni primarie e dellemotività (mancanza di inibizione) non sia solo di stimolo, ma anche di inibizione. Per altro, dobbiamo considerare che sia lamigdala che lippocampo, per svolgere perfettamente la loro funzione nellambito della memorizzazione, devono funzionare in un gradiente equilibrato, né troppo eccitato, né troppo depresso (J.Izquierdo, reportage). Possiamo chiederci, a questo punto, quale sia il ruolo primario delle emozioni: la loro funzione è quella di allarme e di riflesso, che serve a stabilire un gradiente di allerta e a mettere in guardia lorganismo fisico e/o lomeostasi emotivo-affettiva in situazioni in cui emerge un pericolo o è in gioco la sopravvivenza e la sicurezza individuale. Robert Bornstein (1992), studiando leffetto di stimoli emotivi subliminali, ha evidenziato come questi risultino più efficaci di quelli disponibili allintrospezione cosciente. Un altro aspetto dellemotività è quello che riguarda la risoluzione di una tensione e il raggiungimento della soddisfazione. Anche queste funzioni sono caratteristiche del lobo limbico e, forse proprio con il suo centro più importante per la regolazione viscerale, lipotalamo, interviene in questa regolazione per permettere il raggiungimento dellacme tensivo e poi tornare alla tranquillità e allequilibrio. B emozioni secondarie Di fronte allevidenza della complessa struttura di quello che sono le risposte partecipative alle esperienze, un ricercatore tanto lucido e brillante come Damasio è stato costretto a concepire il dualismo emozioni primarie emozioni secondarie. Altri Autori però si sono trovati nello stesso dilemma! Daniel Goleman (1996) per esempio dice:
Potremmo continuare a cercare affermazioni di importanti ricercatori che scoprono di dover accettare due modelli di risposte emotive; a questo punto, però, ci sembra molto più logico accettare la denominazione delle lingue latine che differenziano lemotività dallaffettività. Sviluppo affettivo Gli affetti sembrano quasi le emozioni che attraversano i pensieri, come dice Goleman! Per noi, laffettività è una funzione psichica che riguarda il rapporto con se stessi e con le relazioni interpersonali, sviluppandosi, quindi, nel mondo dei "valori" che, a loro volta, caratterizzano una "qualità". Oggi questa parola ha invaso le strategie esistenziali, comportamentali, sociali , economiche e politiche, assumendo il significato di "strategia di gestione". Si è passati inoltre a parlare di "gestione di qualità", di "gestione totale di qualità", di "qualità totale" o, semplicemente di "qualità" che ormai, più che una definizione, rappresenta una metodologia per migliorare o un sistema per apprendere. Il vincolare la qualità con un senso di evoluzione, ha creato una caratteristica specificamente umana, che mette in risalto le capacità di conoscere, di accumulare esperienza e di utilizzarla per migliorare le performances, di comprendere e di tollerare, creando un preciso senso di utilità e di arricchimento. Damasio (1995) nel presentare il caso di Elliot (soggetto alla rimozione di parte delle cortecce frontali) mette in evidenza nella sintomatologia la comparsa di:
era diventato, dunque,
Questo caso, insieme a quello di Phineas P.Page, pure raccontato da Damasio (1995), è fondamentale per capire come funzionano gli affetti da un punto di vista neurobiologico o neurofisiologico. Damasio, nella sua ricerca, scopre come lo sventurato Elliot, pur conservando appieno le sue "notevoli" capacità intellettive (tutti i test mentali per lintelligenza e linguistici, per le convenzioni e i valori morali, per la consapevolezza, per le procedure di solving efficaci per conseguire un obiettivo sociale, per la capacità di risolvere quesito etici e finanziari sono stati brillantemente superati dal paziente), fallisce miseramente nella vita perdendo il lavoro, divorziando varie volte, lanciandosi in imprese azzardate, non ascoltando consigli, eccetera. Si è messo in evidenza, invece, che lormai famoso Elliot, che ha perduto la reattività affettiva, conserva un ragionamento "freddo" e perfettamente adeguato ad ogni circostanza, ma la lesione gli impedisce di "assegnare valori differenti a opzioni differenti" (Damasio, 1995). Anche le nostre osservazioni cliniche sui pazienti Alzheimer (Lucioni-Nappi,1998) mettono in evidenza la differenza tra emozioni ed affetti; infatti, in questi casi, troviamo una iper-eccitabilità emotiva (incontinenza emotiva) che si accompagna ad una anestesia affettiva: i pazienti vivono insé e per sé, senza poter accedere a sentimenti di riconoscenza, di riconoscimento o comunque anche solo di importanza nei confronti di chi presta loro attenzione, assistenza e cura. In questi casi la nostra esperienza terapeutica, con la "Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva" (E.I.T.), ha permesso un vero recupero della funzionalità affettiva che si è sempre accompagnata con un miglior controllo dellesplosività emotiva. Lesioni del lobo anteriore o meglio il cosidetto "prefrontale" destro e/o sinistro induce deficit per la capacità di temporalizzare (verbale, per il lobo sinistro; delle immagini, per il lobo destro): perdita di memoria per lordine sequenziale delle esperienze. In altri termini, le strutture prefrontali permettono lintuizione e quella elasticità mentale che consente di affrontare esperienze verbali (elasticità nella soluzione dei problemi che dipende dallapprendimento). Il caso Ellio dimostra che le strategie affettive già apprese (passate al bagaglio conoscitivo-razionale) erano conservate, ma il paziente non era più in grado di adeguare strategie nuove per rispondere a situazioni diverse: il soggeto riconosce il proprio errore (capacità deduttivo-intellettiva), ma è incapace di cambiare procedure; in altre parole, non riesce ad apprendere dallerrore. Nauta (1971) ha cercato di studiare le connessioni delle strutture corticali prefrontali, dimostrndo che queste si connettono con quasi tutte le altre aree corticali, ma soprattutto riceve un fascio dal nucleo DM del talamo (che non manda vie a nessuna altra area corticale); inoltre, ha dimostrato come le aree prefrontali sono unite, in modo reciproco, con il sistema limbico e con lipotalamo. Si dimostra, in questo modo, che la funzione principale delle strutture prefrontali è quella di assiciare le esperienze somestesiche, visive ed uditive con limput emozionale proveniente dal sistema limbico e dallipotalamo. Le lesioni delle strutture prefrontali causa deficit funzionali nel piano affettivo e motivazionale, producendo mutamenti del carattere sfavorevoli ed instabili. Se la funzione del sistema prefrontale fosse esclusivamente quello di controllare le emozioni messe in moto nelle strutture limbiche, divremmo concludere che si è utilizzato una enorme struttura per una funzione di proporzioni minime. Per altro lato, una neo-struttura (la neo-corteccia) presuppone una funzione molto più sviluppata, molto più gerarchizzata, che appunto scopriamo analizzando per esempio il caso di Elliot: la corteccia prefrontale diventa sinonimo di creatività e di adattabilità dinamica. Questa asserzione crea molte aspettative, dal momento che ha una interfaccia psicologica che abbiamo legato allaffettività e che trova il suo agire nel mediare tra limpulsività delle emozioni e la rigidità e la previsibilità del ragionamento. Il sistema limbico è in stretta correlazione con la corteccia prefrontale soprattutto attraverso le vie che hanno come centro di passaggio il Talamo Dorsomediale, anche se recentemente sono state individuate vie dirette dallippocampo e dallamigdala. Queste vie di connessione diretta con la corteccia prefrontale non sono evidenziabili in rapporto con altre aree corticali, così la corteccia frontale può essere considerata il vero centro di modulazione e di controllo del sistema limbico. Ciò significa che per mezzo della corteccia prefrontale il soggetto può esercitare un controllo sulle emozioni generate dal sistema limbico. Analizzando un complesso sistema di connessioni Eccles (1981) conclude: " si può pesare alla corteccia prefrontale come ad unarea in cui ogni informazione emotiva viene sintetizzata con linformazione somoestesica, visiva ed uditiva, per dare esperenze coscienti al soggetto e indicazioni per un comportamente adeguato. Si potrebbe anche immaginare che la funzione prefrontale si strutturi come trait duniòn tra corporale e mentale, come se la parola "affettiva" del funzionamento mentale si presentasse come relazione evolutiva tra tensione emotiva ed un vissuto che risulta rappresentato come storico (la parte esperienziale), pensato (la parte ragionativa) e raccontato (la parte dialogico-simbolica). Nella osservazione di Damasio ("Elliot ha perso la capacità di imparare dallesperienza") risulta implicita una funzione importantissama: Sistema Sistema Sistema emotivo affettivo razionale limbico prefrontale
per la quale laffettività attinge dallesperienza istintiva, immediata ed impulsiva (mentre esercita una funzione di controllo e di modualazione) e, per altro, la ragione attinge dallaffettività una forza creatrice ed integratrice (mentre a sua volta funge da sistema di regolazione). Il sociopsicologo Robert Zajonc (1980) ha dimostrato che emozione e cognizione sono due funzioni mentali distinte e che lemozione precede la cognizione e non ne dipende, concludendo, quindi, che le preferenze possono formarsi senza alcuna registrazione cosciente degli stimoli. Le sue ricerche hanno messo fine ad una lunghissima diatriba sostenuta dai cognitivisti che ritenevano lintervento della coscienza determinante per la formazione del sentimento. A questo punto risulta quasi evidente che un comportamento adeguato risulta dal funzionamento preciso ed efficace delle tre attività principali di quella che ormai possiamo denominare come mente: PAGINA 1
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