ISTITUTO SUPERIORE DI
SCIENZE UMANE APPLICATE

 

Emotività, affettività, intelligenza:
neurofisiologia e psicodinamica della mente.

Romeo Lucioni

PAGINA 1 :     REALIDAD
PAGINA 2 :     EMOTIVITÀ, AFFETTIVITÀ, INTELLIGENZA

PAGINA 4 :     STRUTTURA DELLA MENTE
PAGINA 5 :     COMMENTO E CONCLUSIONI

SISTEMA LIMBICO o LOBO LIMBICO

é una parte del cervello sviluppatasi dal vecchio cervello olfattivo che è rimasta adibita all’esperienza emozionale e ad una parte della funzione memoria. Comprende aree primitive della corteccia cerebrale, distinte dalle aree neocorticali (recenti) che vengono chiamate anche archicorteccia.

Nello schema riportato da Popper e Eccles (1981)
Si possono osservare:
HI = ippocampo
GH = giro ippocampale associato
CE = corteccia entorinale
CP = corteccia piriforme
A = amigdala
S = setto
I = ipotalamo
OF = superficie orbitale della corteccia prefrontale
GT e 20 = polo temporale
CC = corpo calloso
BOL= bulbo olfattivo
FOL= fascio olfattivo laterale
GC = giro cingolat
F = sistema del fornice
DM = talamo dorso-mediale
46 = area corticale della convessità
non rappresentati : nuclei del rafe
sostanza innominata = SI

Recentemente (Elba Tornese e Norberto A.Mendez, 1997) è stata riconosciuta l’importanza della sostanza innominata (SI) o Nucleo di Meynert (NEM), situata nelle vicinanze del globo pallido e della sua via di scarica l’ansa lenticolare. In questo gruppo endopeduncolare si riconoscono:

    • il nucleo dell’ansa lenticolare di Meynert
    • il nucleo basale di Meynert
    • il nucleo sub-putaminale descritto da Ayala.

Questo sistema è un centro limbico e produce una unione reciproca con l’amigdala e con l’ippotalamo. Il nucleo basale di Meynert è magnicellulare e lancia le sue connessioni acetilcoliniche a tutta la corteccia cerebrale. Le sue connessioni riguardano l’amigdala, l’ippocamo e la sua attività rientra nei processi della memoria e dell’apprendimento. La stimolazione del NBM e della SI agisce sulla regolazione del flusso sanguigno cerebrale locale (FGCL), nella corteccia frontale, parietale e occipitale di ratti ammaestrati.

Recentemente si è verificata anche l’importanza della SI nella malattia di Alzheimer, nella quale si dimostra una correlazione primitiva con la sintomatologia.

* * * * *

Nelle strutture cerebrali più antiche, come è appunto il lobo limbico, hanno luogo selezioni di risposte delle quali non si ha coscienza, quindi, non sono deliberate, né determinate da una volontà. Queste risposte si potrebbero definire come forme elementari di decisione (Antonio R.Damasio,1995) e, in un precedente lavoro (Lucioni,1995) sono state indicate come risposte automatiche o emotivo istintive.

Per gli organismi che hanno un cervello che comprende solo strutture arcaiche (per es. i rettili) la comprensione di questi meccanismi di risposta sono facilmente intuibili e comprensibili: lo stimolo determina una risposta immediata e determinata dal livello di tensione.

Diverso è il problema quando viene trasferito ai mammiferi superiori e, soprattutto, all’uomo. Parlando delle emozioni Damasio (1995) riporta come sia stato William James ("… le cui intuizioni sulla mente umana si possono porre a confronto con quelle di Shakespeare o di Freud …") a formulare, circa un secolo fa, un’ipotesi sorprendente sulla natura delle emozioni. Per James le emozioni erano risposte somatiche (accentuazione del battito cardiaco, contrazione del respiro, tremito delle labbra, indebolimento degli arti, pelle d’oca e visceri in subbuglio), senza nessuna partecipazione mentale.

La critica che fu mossa a James fu quella di non aver tenuto conto della partecipazione mentale delle emozioni più complesse (per es. gelosia, rabbia, ripugnanza, ecc.), ma la lucidità di questo Autore va messa in evidenza alla luce anche delle nostre osservazioni che riportano le emozioni a meccanismi innati ed inderogabili. Danasio risolve la diatriba parlando di emozioni primarie e di emozioni secondarie.

A – emozioni primarie

Queste, che Damasio definisce "alla James", determinano delle risposte per lo più somatiche che interessano visceri, muscoli scheletrici, ghiandole endocrine, sistema vascolare e sistema immunitario (per es. il cuore martella, la bocca diventa secca, la pelle si scolora o si ruborizza, l’intestino si contrae così come la vescica, i muscoli del viso fanno cambiare la mimica, ecc.). Queste reazioni sono state confermate da moltissimi ricercatori che le hanno considerate dipendenti dall’attività dell’amigdala, dell’ipotalamo e del cingolato anteriore.

Rifacendoci all’osservazione che queste reazioni emotive primarie hanno il loro substrato anatomico nel sistema limbico, vale a dire nel cervello antico o cervello dei rettili, dobbiamo sottolineare che hanno un significato preciso ed uno scopo funzionale altrettanto specializzato.

Le emozioni possono essere considerate come risposte specializzate e fisologiche, che hanno permesso agli organismi ancestrali di sopravvivere e di procreare in ambienti ostili. Negli organismi superiori risultano ancora efficienti reazioni agli stimoli, che però vengono controllate da meccanismi psico-neuro-biologici più evoluti.

Quando abbiamo parlato di risposta automatica o risposta emotivo-istintiva (Lucioni,1996) ci riferivamo appunto ad un processo di causa-effetto nel quale una partecipazione emotiva intensa fa confluire sufficiente energia per dare una rapidissima risposta neuro-vegetativa (accelerazione dei battiti cardiaci, aumento pressorio, modificazioni mimiche e somatiche adeguate, ecc.) e altrettanto veloci e validi adattamenti motori, con tempo di latenza corto.

Tali reazioni, se ci riportiamo al mondo animale, sono sempre risposte di difesa, dirette, istintive, automatiche, precisamente finalizzate come sono appunto la fuga, l’attacco, il nascondersi ed il mimetizzarsi.

Non bisogna credere che queste risposte abbiano un valore più basso rispetto ad altre più meditate o più ragionate, proprio perché compiono una funzione ben precisa e rispettano altrettanto puntuali necessità biologico-funzionali.

Queste risposte automatiche che abbiamo anche chiamate emotivo-istintive rispondono anche a gradienti precisi che sono la capacità e l’esperienza.

Capacità funzionale Risposta di difesa

STIMOLO +

Esperienza automatica e istintiva

L’insieme delle modificazioni somatico-funzionali, come dice Damasio (1995), definisce un profilo di scostamento dalla omeostasi nel quale però l’organismo, nella sua totalità, opera sicuramente al proprio meglio (come rendimento legato agli obiettivi), rispettando il minimo dispendio di energia, la semplicità e la velocità di esecuzione.

Il problema dell’esperienza, a cui ci siamo riferiti, è di grande importanza e interesse proprio perché presuppone l’impiego di un processo mnesico efficace e rapido. Sembra di poter rispondere a questo quesito con le osservazioni di molti ricercatori che hanno dimostrato che sia l’amigdala che l’ippocampo rispondono come centri di spviluppo della memoria.

Possiamo dare un nome a queste emozioni primarie:

    • allerta
    • tensione
    • paura di fronte ad una esperienza
    • angoscia
    • terrore

che si classificano per il grado di intensità di una stessa carica emotiva e che sicuramente rispondono al livello di esperienza.

Analizzando queste risposte emotive primarie che consideriamo legate alla emotività vera, ci rendiamo conto che il quadro espressivo-comportamentale è caratteristico di situazioni patologiche precise. Se osserviamo i pazienti Alzheimer vediamo come in loro ci sia una totale incapacità di controllare le emozioni e, quindi, ci troviamo di fronte a quella che spesso gli psichiatri chiamano emotività libera, cioè non sottoposta a processi di controllo.


Da un punto di vista anatomo-funzionale, potremmo parlare di liberazione dell’emotività da quei sistemi di modulazione esercitati dagli impulsi che seguono la via lobo limbico lobo prefrontale (e viceversa) che già abbiamo discusso.

Le lesioni corticali e forse anche quelle della Sostanza Innominata, che sempre più vengono ritenute come caratteristiche della malattia di Alzheimer, forse giustificano quella incontinenza emotiva tanto caratteristica e uno dei primi segni della malattia insieme alla perdita della memoria. (Anticipiamo che un altro sintomo caratteristico della m. di Alzheimer è la freddezza affettiva che verrà evidenziata più avanti).

Questa stessa sintomatologia (a volte anche particolarmente violenta perché si esprime come un vero e proprio terrore) si osserva nell’autismo, disturbo nel quale non si evidenziano lesioni o fatti degenerativi a carico dei lobi frontali, ma per il quale si parla di una mancata maturazione dei sistemi di controllo esercitati appunto dai lobi frontali.

Alle emozioni primarie sin qui analizzate si potrebbero aggiungere altre, in base alle diverse capacità di risposta, di contenimento e di esperienza:

    • ripugnanza
    • diffidenza irrequietezza e agitazione
    • indifferenza
    • ritrosia
    • impassibilità
    • disaffezione
    • freddezza
    • distacco

In questa sequenza troviamo delle espressioni per così dire positive ed altre negative, passive. Questo fatto, apparentemente contradittorio, ci farebbe pensare, al contrario, che il controllo esercitato dai lobi frontali sui meccanismi limbici delle emozioni primarie e dell’emotività (mancanza di inibizione) non sia solo di stimolo, ma anche di inibizione.

Per altro, dobbiamo considerare che sia l’amigdala che l’ippocampo, per svolgere perfettamente la loro funzione nell’ambito della memorizzazione, devono funzionare in un gradiente equilibrato, né troppo eccitato, né troppo depresso (J.Izquierdo, reportage).

Possiamo chiederci, a questo punto, quale sia il ruolo primario delle emozioni: la loro funzione è quella di allarme e di riflesso, che serve a stabilire un gradiente di allerta e a mettere in guardia l’organismo fisico e/o l’omeostasi emotivo-affettiva in situazioni in cui emerge un pericolo o è in gioco la sopravvivenza e la sicurezza individuale. Robert Bornstein (1992), studiando l’effetto di stimoli emotivi subliminali, ha evidenziato come questi risultino più efficaci di quelli disponibili all’introspezione cosciente.

Un altro aspetto dell’emotività è quello che riguarda la risoluzione di una tensione e il raggiungimento della soddisfazione. Anche queste funzioni sono caratteristiche del lobo limbico e, forse proprio con il suo centro più importante per la regolazione viscerale, l’ipotalamo, interviene in questa regolazione per permettere il raggiungimento dell’acme tensivo e poi tornare alla tranquillità e all’equilibrio.

B – emozioni secondarie

Di fronte all’evidenza della complessa struttura di quello che sono le risposte partecipative alle esperienze, un ricercatore tanto lucido e brillante come Damasio è stato costretto a concepire il dualismo emozioni primarie – emozioni secondarie. Altri Autori però si sono trovati nello stesso dilemma! Daniel Goleman (1996) per esempio dice:

"Quando i sentimenti durano per ore, in genere si tratta di stati d’animo – una forma più attenuata. Essi stabiliscono un tono affettivo, ma non permeano la percezione e l’azione con la stessa forza con cui irrompe un’emozione vibrante."

"C’è un secondo tipo di reazione emozionale, più lento della risposta lampo, che cova e fermenta nei nostri pensieri prima di portare a un sentimento."

"In una sequenza più lenta, un pensiero più articolato precede il sentimento. Emozioni più complesse, come l’imbarazzo o l’apprensione, seguono una strada più lenta, inpiegano secondi o minuti prima di svilupparsi: sono questa le emozioni che derivano dai pensieri."

"… esistono vie rapide o lente per l’insorgenza di una emozione – una attraverso la percezione immediata e l’altra attraverso il pensiero riflessivo."

Potremmo continuare a cercare affermazioni di importanti ricercatori che scoprono di dover accettare due modelli di risposte emotive; a questo punto, però, ci sembra molto più logico accettare la denominazione delle lingue latine che differenziano l’emotività dall’affettività.

Sviluppo affettivo

Gli affetti sembrano quasi le emozioni che attraversano i pensieri, come dice Goleman!

Per noi, l’affettività è una funzione psichica che riguarda il rapporto con se stessi e con le relazioni interpersonali, sviluppandosi, quindi, nel mondo dei "valori" che, a loro volta, caratterizzano una "qualità".

Oggi questa parola ha invaso le strategie esistenziali, comportamentali, sociali , economiche e politiche, assumendo il significato di "strategia di gestione". Si è passati inoltre a parlare di "gestione di qualità", di "gestione totale di qualità", di "qualità totale" o, semplicemente di "qualità" che ormai, più che una definizione, rappresenta una metodologia per migliorare o un sistema per apprendere.

Il vincolare la qualità con un senso di evoluzione, ha creato una caratteristica specificamente umana, che mette in risalto le capacità di conoscere, di accumulare esperienza e di utilizzarla per migliorare le performances, di comprendere e di tollerare, creando un preciso senso di utilità e di arricchimento.

Damasio (1995) nel presentare il caso di Elliot (soggetto alla rimozione di parte delle cortecce frontali) mette in evidenza nella sintomatologia la comparsa di:

    • pigrizia
    • disattenzione
    • incostanza
    • inaffidabilità
    • viscosità (continuava ad eseguire un compito che già era stato annullato)
    • minuziosità
    • collezionismo di scarti e rifiuti

era diventato, dunque,

    • irrazionale
    • incapace di valutare il rischio,
    • di accettare suggerimenti,
    • di imparare dagli errori.

 

Questo caso, insieme a quello di Phineas P.Page, pure raccontato da Damasio (1995), è fondamentale per capire come funzionano gli affetti da un punto di vista neurobiologico o neurofisiologico.

Damasio, nella sua ricerca, scopre come lo sventurato Elliot, pur conservando appieno le sue "notevoli" capacità intellettive (tutti i test mentali per l’intelligenza e linguistici, per le convenzioni e i valori morali, per la consapevolezza, per le procedure di solving efficaci per conseguire un obiettivo sociale, per la capacità di risolvere quesito etici e finanziari sono stati brillantemente superati dal paziente), fallisce miseramente nella vita perdendo il lavoro, divorziando varie volte, lanciandosi in imprese azzardate, non ascoltando consigli, eccetera.

Si è messo in evidenza, invece, che l’ormai famoso Elliot, che ha perduto la reattività affettiva, conserva un ragionamento "freddo" e perfettamente adeguato ad ogni circostanza, ma la lesione gli impedisce di "assegnare valori differenti a opzioni differenti" (Damasio, 1995).

Anche le nostre osservazioni cliniche sui pazienti Alzheimer (Lucioni-Nappi,1998) mettono in evidenza la differenza tra emozioni ed affetti; infatti, in questi casi, troviamo una iper-eccitabilità emotiva (incontinenza emotiva) che si accompagna ad una anestesia affettiva: i pazienti vivono insé e per sé, senza poter accedere a sentimenti di riconoscenza, di riconoscimento o comunque anche solo di importanza nei confronti di chi presta loro attenzione, assistenza e cura. In questi casi la nostra esperienza terapeutica, con la "Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva" (E.I.T.), ha permesso un vero recupero della funzionalità affettiva che si è sempre accompagnata con un miglior controllo dell’esplosività emotiva.

Lesioni del lobo anteriore o meglio il cosidetto "prefrontale" destro e/o sinistro induce deficit per la capacità di temporalizzare (verbale, per il lobo sinistro; delle immagini, per il lobo destro): perdita di memoria per l’ordine sequenziale delle esperienze.

In altri termini, le strutture prefrontali permettono l’intuizione e quella elasticità mentale che consente di affrontare esperienze verbali (elasticità nella soluzione dei problemi che dipende dall’apprendimento). Il caso Ellio dimostra che le strategie affettive già apprese (passate al bagaglio conoscitivo-razionale) erano conservate, ma il paziente non era più in grado di adeguare strategie nuove per rispondere a situazioni diverse: il soggeto riconosce il proprio errore (capacità deduttivo-intellettiva), ma è incapace di cambiare procedure; in altre parole, non riesce ad apprendere dall’errore.

Nauta (1971) ha cercato di studiare le connessioni delle strutture corticali prefrontali, dimostrndo che queste si connettono con quasi tutte le altre aree corticali, ma soprattutto riceve un fascio dal nucleo DM del talamo (che non manda vie a nessuna altra area corticale); inoltre, ha dimostrato come le aree prefrontali sono unite, in modo reciproco, con il sistema limbico e con l’ipotalamo.

Si dimostra, in questo modo, che la funzione principale delle strutture prefrontali è quella di assiciare le esperienze somestesiche, visive ed uditive con l’imput emozionale proveniente dal sistema limbico e dall’ipotalamo. Le lesioni delle strutture prefrontali causa deficit funzionali nel piano affettivo e motivazionale, producendo mutamenti del carattere sfavorevoli ed instabili.

Se la funzione del sistema prefrontale fosse esclusivamente quello di controllare le emozioni messe in moto nelle strutture limbiche, divremmo concludere che si è utilizzato una enorme struttura per una funzione di proporzioni minime. Per altro lato, una neo-struttura (la neo-corteccia) presuppone una funzione molto più sviluppata, molto più gerarchizzata, che appunto scopriamo analizzando per esempio il caso di Elliot: la corteccia prefrontale diventa sinonimo di creatività e di adattabilità dinamica.

Questa asserzione crea molte aspettative, dal momento che ha una interfaccia psicologica che abbiamo legato all’affettività e che trova il suo agire nel mediare tra l’impulsività delle emozioni e la rigidità e la previsibilità del ragionamento.

Il sistema limbico è in stretta correlazione con la corteccia prefrontale soprattutto attraverso le vie che hanno come centro di passaggio il Talamo Dorsomediale, anche se recentemente sono state individuate vie dirette dall’ippocampo e dall’amigdala. Queste vie di connessione diretta con la corteccia prefrontale non sono evidenziabili in rapporto con altre aree corticali, così la corteccia frontale può essere considerata il vero centro di modulazione e di controllo del sistema limbico.

Ciò significa che per mezzo della corteccia prefrontale il soggetto può esercitare un controllo sulle emozioni generate dal sistema limbico. Analizzando un complesso sistema di connessioni Eccles (1981) conclude: "… si può pesare alla corteccia prefrontale come ad un’area in cui ogni informazione emotiva viene sintetizzata con l’informazione somoestesica, visiva ed uditiva, per dare esperenze coscienti al soggetto e indicazioni per un comportamente adeguato.

Si potrebbe anche immaginare che la funzione prefrontale si strutturi come trait d’uniòn tra corporale e mentale, come se la parola "affettiva" del funzionamento mentale si presentasse come relazione evolutiva tra tensione emotiva ed un vissuto che risulta rappresentato come storico (la parte esperienziale), pensato (la parte ragionativa) e raccontato (la parte dialogico-simbolica).

Nella osservazione di Damasio ("Elliot ha perso la capacità di imparare dall’esperienza") risulta implicita una funzione importantissama:

Sistema Sistema Sistema

emotivo affettivo razionale

limbico prefrontale

 

per la quale l’affettività attinge dall’esperienza istintiva, immediata ed impulsiva (mentre esercita una funzione di controllo e di modualazione) e, per altro, la ragione attinge dall’affettività una forza creatrice ed integratrice (mentre a sua volta funge da sistema di regolazione).

Il sociopsicologo Robert Zajonc (1980) ha dimostrato che emozione e cognizione sono due funzioni mentali distinte e che l’emozione precede la cognizione e non ne dipende, concludendo, quindi, che le preferenze possono formarsi senza alcuna registrazione cosciente degli stimoli. Le sue ricerche hanno messo fine ad una lunghissima diatriba sostenuta dai cognitivisti che ritenevano l’intervento della coscienza determinante per la formazione del sentimento.

A questo punto risulta quasi evidente che un comportamento adeguato risulta dal funzionamento preciso ed efficace delle tre attività principali di quella che ormai possiamo denominare come mente:

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