NETWORK DI STUDIO
DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

   

ALZHEIMER    E.I.T.
(Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva)

una proposta per la riabilitazione

Dott. Romeo Lucioni 

La malattia di Alzheimer è una demenza degenerativa cronica e progressiva per la quale non sono state ancora trovate né una eziologia né una terapia farmacologica soddisfacente.

Seppure non guaribile, questa sindrome, caratterizzata soprattutto dalla compromissione delle funzioni mentali e cognitive, permette uno "spazio" di "curabilità" che tende ad ampliarsi sia per l’efficacia di nuovi farmaci, sia per gli interventi riabilitativi specifici e quelli psicoterapeutici che tendono a ripristinare e a ristrutturare le funzioni psichiche.

Fra queste terapie non farmacologiche assume una importanza rilevante l’ E.I.T. (Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva) che si è andata strutturando attraverso le esperienze di terapia sensomotoria, terapia emotivo-affettiva ed espressivo relazionale, che hanno preso l’avvio dallo psicodramma, dalla psicodanza, dalla biodanza, dal Tai-Chi-Chuan, dall’eutonia.

L’E.I.T., come metodo terapeutico, ha i suoi fondamenti nella psicologia dell’Io, in considerazioni anatomo-funzionali delle strutture ipotalamiche, limbiche e prefrontali, oltre che in prospetti neurofunzionali che riguardano l’emotività, l’affettività e le funzioni cognitivo-intellettive.

È un intervento psicoterapeutico che, al di là delle considerazioni psicodinamico-interpretative, utilizza il movimento, le sensazioni, le emozioni, gli affetti e le elaborazioni razionali, oltre a quelle intuitivo-istintive, per dare al "soggetto malato" la possibilità di ristrutturare le proprie potenzialità psico-neuro-biologiche, permettendo così un recupero delle funzioni di base ed una riabilitazione reale e quantificabile.

L’E.I.T. ha degli obiettivi centrati sui pazienti, tra i quali vanno sottolineati:

  • controllo della sintomatologia psico-comportamentale;
  • ristrutturazione delle potenzialità adattive dell’Io;
  • contenimento e modulazione delle risposte emotive;
  • rafforzamento delle disponibilità affettive e relazionali;
  • recupero delle potenzialità motorie e percettive;
  • riscoperta delle variabili modulatrici che, filtrate dall’affettività, stimolano le capacità di fronteggiare il disagio e le limitazioni;
  • desiderio di autoscoperta e volontà propositiva nella ricerca di autonomia e di libertà;
  • freno alla tendenza ad isolarsi ed a "ristagnare" in qualche angolo, facendo assumere un ruolo da protagonista.

Le sedute di E.I.T. sono predisposte per la partecipazione di parenti e di caregivers che accompagnano il lavoro dello psichiatra o dello psicologo e vivono così l’atmosfera del setting e la dimensione terapeutica che rompono lo schema della perdita, sostituita da una prospettiva positiva, mirata sulla crescita.

Gli obiettivi della terapia, per quanto riguarda i caregivers, sono:

  • creare una atmosfera familiare, temprata da desideri di crescita contro il nichilismo e la rinuncia;
  • mettere a fuoco le modalità utili per una stimolazione controllata del feedback;
  • facilitare la comparsa di aspettative positive su programmi specifici e mirati;
  • riproporre un reinserimento sociale capace di superare sensi di vergogna per le menomazioni e per gli errori comportamentali;
  • scongiurare i pericoli del "burn-out", ristrutturando un senso di equipe che sostiene gli interventi;
  • abbandonare atteggiamenti eccessivamente pedagogici e sostituirli con una predisposizione professionale di utilizzo di tutte le potenzialità residue;
  • concentrarsi nuovamente sulle capacità sociali e favorire i contatti con la comunità e nella comunità;
  • prevenire il declino e rinunciare all’idea della ineluttabilità del ricovero.

Il movimento, il ritmo, le esperienze sensoriali, l’attivazione affettiva, il "sottile" impegno cognitivo ed intellettivo, la riscoperta di situazioni ormai dimenticate, del proprio corpo e delle sue "potenzialità" comunicative, la riattivazione della volontà, dell’attesa e del desiderio, sono tutti "mezzi" che vengono utilizzati per ritrovare il senso di valere, l’autostima, la fiducia nelle proprie potenzialità, l’aspettativa su quanto gli altri possono darci.

Va sottolineato come l’E.I.T., da questo punto di vista, assuma valore di "linguaggio della salute, del recupero e della speranza", che sostituisce quello drammatico della perdita, della "morte in vita" e della disperazione.

La terapia di integrazione, come espressione di una applicazione terapeutica su basi scientifiche, trova i suoi fondamenti nella quantificazione dei risultati e, per questo, è stata studiata una scala valutativa che comprende 5 aree (emotività, affettività, espressività, comportamento e motricità) e permette di quantificare i miglioramenti ottenuti dopo un mese (quattro sedute a scadenza settimanale) o due (otto sedute) di terapia E.I.T..

Nello scegliere gli items, si è cercato di individuare problematiche che avessero un preciso addentellato con le psicodinamiche evidenziate nello studio delle demenze.

Con l’ E.I.T. si ottengono miglioramenti importanti degli indici presi in esame; questi risultati stimolanti inducono a progettare passi successivi in vista di una analisi che possa tenere conto di un maggior numero di pazienti e, soprattutto, di almeno un anno di terapia.

Le osservazioni sin qui riportate hanno condotto a considerazioni di particolare interesse per quanto riguarda i miglioramenti ottenuti:

  1. Riduzione o scomparsa di una emotività esplosiva e incontrollabile; uno dei più importanti sintomi della malattia di Alzheimer che risulta notevolmente disturbante, oltre che motivo di un rapido decadimento psico-mentale. Poter controllare queste risposte, che hanno un carattere istintivo, lascia spazio ad esperienze più strutturate e più creative. L’elaborazione affettiva permette di riconoscere il proprio desiderio di ripetere le esperienze proposte dalla terapia, di centrare l’attenzione non su una persona, ma sull’esperienza che riflette uno stato d’animo che subisce un processo di arricchimento e di espansione della coscienza.
     
  2. Scomparsa delle tendenze alla fuga che sono sempre segno di insofferenza, di incomprensione e di noia; si fugge da situazioni difficili, insopportabili o che hanno un significato negativo. La riduzione dei comportamenti controfobici preannuncia un affievolimento delle tensioni, dell’ansia e dell’angoscia che sono risposte a stimoli consci e/o inconsci, legati al mondo esterno e a quello interno.
     
  3. Aumento delle aspettative.Viene riferito dai parenti che i pazienti, tra una seduta e l’altra, chiedono "... se è già ora di andare a lavorare con gli amici!". Questa rievocazione di una esperienza sicuramente soddisfacente sottolinea un recupero mnesico che, per la particolare pregnanza emotiva, si traduce anche in un atto di volontà: il voler intervenire alla sessione sottende il desiderio di ripetere una esperienza piacevole. Questo atteggiamento non è ancora un "fatto" affettivo o un sentimento, ma un richiamo, per così dire, istintivo verso un piacere.
     
  4. Recupero motorio e del ritmo gestuale. E’ risultato veramente importante osservare come i pazienti siano diventati tutti più "elastici" nei movimenti e come abbiano potuto compiere gesti complessi eseguiti in un modo quasi automatico. Il movimento ha acquistato anche elementi ritmici, consoni con lo svolgersi della frase musicale. Di particolare rilievo ci sembra il passaggio da un impaccio motorio (probabilmente legato ad una disabitudine dovuta alla ipomotricità o una motricità stereotipa) ad una elaborazione del muoversi sempre più utilizzato come mezzo espressivo.
  5. Capacità di relazionarsi. Risulta quasi riduttivo usare parole per riferire una esperienza tanto emozionante: vedere questi pazienti recuperare il piacere di abbracciare un’altra persona, di stabilire un contatto visivo, fisico e "sentimentale", capace, senza dubbio, di lasciare una traccia, di ricomporre circuiti in strutture "minate" dalla malattia.
  6.  
  7. A confronto di tante altre esperienze, quella della E.I.T. si caratterizza per portare i pazienti a "donare", a trasmettere ad altri la propria sensibilità, le proprie "vibrazioni". Questa lettura ci sembra molto importante perchè significa la possibilità di recuperare una dimensione "affettiva" e non solo "emotiva" della relazione e, quindi, mettere in azione quei circuiti superiori capaci di controllare le emozioni e di attivare i processi cognitivi ed intellettivi.
     
  8. Recupero dell’iniziativa. Insieme al recupero di una immagine di sè (vedi recupero motorio) il "significato intimo" di ripetere il proprio nome, stimola l’iniziativa. Affettività, volontà ed iniziativa sono attività psichiche indubbiamente interconnesse, così quando vediamo riprendere l’iniziativa possiamo pensare che tutto l’apparato psico-mentale si stia attivando: bisogna, quindi, osservare con attenzione questa attività, cercando di stimolarla con l’esempio e con un affettuoso incoraggiamento. I risultati sono stati molto incoraggianti e, a volte, del tutto sorprendenti.
     
  9. Recupero dell’umorismo e del sarcasmo. Queste espressioni emotivo-affettive, che sono perdute dai pazienti Alzheimer (a volte presentano un umorismo aggressivo, inadeguato e non controllabile), rivestono significato di recupero di funzioni simboliche di alto livello, per cui non vanno mai represse, ma, al contrario, sostenute ed utilizzate per un dialogo e/o per una comunicazione.
     
  10. Recupero della mimica. Anche questa particolare attività psico-motoria risulta migliorata, permettendo così l’uso di un canale di comunicazione ricco e produttivo. L’espressione mimica presuppone la capacità di rappresentare se stessi come immagine che può cambiare, così come di leggere nell’Altro fisionomie diverse che richiedono un sistema deduttivo-intellettivo efficiente.
     
  11. Stancabilità e attenzione. E’ interessante sottolineare come nella nostra esperienza i pazienti non abbiano dimostrato cedimenti nel corso di ognuna delle sessioni terapeutiche ed, anzi, siano sempre stati disposti a continuare a lavorare più dell’ora prevista; anche per quanto riguarda l’attenzione, hanno sempre dimostrato notevoli recuperi di efficienza.
     
  12. Capacità cognitive. Questa area abbisogna sicuramente di una osservazione molto più ampia per poter essere analizzata e valutata alla luce di un miglioramento. Tenendo conto tuttavia di tutte le altre osservazioni qui riportate, si potrebbe dire che l’intervento terapeutico con la E.I.T. è capace di riattivare, nei pazienti Alzheimer, le capacità cognitive intese come possibilità di decifrare quanto viene loro detto, quanto loro stessi dicano e ciò che succede nel setting.
     
  13. Capacità mnesiche. In un’analisi basata sul osservazioni personali, si nota un buon miglioramento in questa area, ma non si é potuto ancora verificare quanto questa risposta perduri nel tempo.

CONCLUSIONI

Nella malattia di Alzheimer il tema del miglioramento della sintomatologia induce una quantità di interrogativi:

  1. Le terapie farmacologiche specifiche (anticolinesterasici) vengono riconosciute come poco efficaci poiché possono solo ritardare di un anno il declino psicomentale del paziente. Questa considerazione pone il quesito se sia veramente un bene o sia, al contrario, solo un allungare le sofferenze (per lo più dei famigliari) oltre che, naturalmente, un maggior impegno economico (sicuramente rilevante). La terapia di integrazione (E.I.T.) non ha potuto ancora dare una risposta, perché la sua applicazione (anche concomitante con una terapia farmacologica) ha fatto sorgere altre questioni e, quindi, non si hanno ancora osservazioni in un tempo superiore ad un anno.
     
  2. Miglioramento della qualità della vita. Questo tema è molto delicato e ancora poco studiato; osservazioni recenti (che escludono il miglioramento ottenuto sulla nase della sedazione e/o sulla valutazione della riduzione della sintomatologia positiva) pongono in rilievo come il miglioramento di questo importantissimo indice è per lo più legato a quello della relazione. Questa, nella malattia di Alzheimer, ma anche nel contesto della vecchiaia, risulta decisamente asimmetrica e, quindi, supportata e sopportata per lo più dal caregiver, che subisce l’impatto di una malattia che lo "schiavizza" 24 ore su 24, senza tregua e senza prospettive di miglioramento: il pericolo di burn-out e di crisi depressive aumenta considerevolmente.
     
  3. Per affrontare l’Alzheimer, il tema fondamentale è oggi quello di evitare il ricovero (che impone costi altissimi ed una specie di ghettizzazione), ma il "restare a casa" grava terribilmente sulla famiglia. In questo caso, l’E.I.T. dà una risposta positiva, permettendo di prevedere la strutturazione di centri diurni per dementi, con uno specifico indirizzo centrato sul recupero.
     
  4. I miglioramenti ottenuti con l’ E.I.T. hanno permesso di evidenziare una problematica legata alla eziopatogenesi della malattia. Confermando studi sudamericani, si è potuto focalizzare la presenza di un nucleo mnesico conflittivo che, spinge il soggetto (magari predisposto) ad entrare nella malattia, che risulterebbe quasi rispondente ad un modello psicosomatico. Con il miglioramento delle capacità affettivo-cognitive, il nucleo conflittivo, che non è stato "espulso", si risveglia, provocando veri e propri collassi psichici.
     
  5. L’ E.I.T., nella sua struttura multipartecipativa, porta sia parenti che operatori ad una presa di coscienza delle possibilità di miglioramento e di recupero, stimolando un nuovo atteggiamento mentale che risulta benefico per loro stessi, oltre che, naturalmente, per i pazienti.
     
  6. I cosiddetti "risvegli" che si ottengono con l’ E.I.T. aprono le porte a nuove aspettative di "miglioramento nell’ordine sociale", ma questo non può risultare un ulteriore "carico" per i famigliari e, quindi, le strutture assistenziali, insieme alle associazioni di volontariato, devono cambiare rotta e proporsi per nuovi, ma promissori impegni. La dimensione etica del recupero acquista un valore di spinta a continuare nella via della riabilitazione e preannuncia un modello di "compliance" che unisce terapeuta, famigliari, caregivers, istituzioni e società.

Queste osservazioni ci permettono di prospettare come gli "spazi" di miglioramento del funzionamento motorio, emotivo, affettivo, cognitivo, sociale, psicologico e di autonomia, favoriti dall’ E.I.T., debbano essere utilizzati come trampolino per raggiungere una buona qualità della vita che è, come abbiamo visto, è sinonimo di una relazione interpersonale qualitativamente valida.

Il medico specialista ed il terapeuta, partecipando a questa strategia dovranno essere pronti ad evidenziare le problematiche legate al riemergere del "nucleo mnesico conflittivo" ed anche a riscattare nuove strategie medico-assistenziali che coinvolgono parenti e/o caregivers.

La partecipazione e la condivisione ripropongono un senso di sicurezza che deriva dal mettersi in gioco e dal passaggio da una esperienza comune al trovare situazioni di validazione del proprio operato che ha come capisaldi l’osservazione e la valutazione.

L’ E.I.T. rappresenta una vera possibilità di "riabilitazione psico-fisica e psico-sociale" che permettono un coinvolgimento profondo del terapeuta, dei parenti, dei caregivers e degli operatori, tanto da strutturare un intervento medico-assistenziale veramente globale, centrato sul paziente, multidisciplinare e ad alto contenuto sociale.

Il superamento di ristrettezze mentali rispetto ai bisogni della persona, indotto dall’applicazione della terapia di integrazione, ha permesso di prospettare un vero e proprio approccio alla medicina globale, alla riabilitazione psico-sociale ed alla partecipazione multifunzionale di terapeuta, famigliari, operatori e cargivers.

L’E.I.T. , per il suo operare a carattere partecipativo viene a prospettarsi come possibilità di giungere a modelli di prevenzione sociale attraverso una nuova lettura della qualità della vita ed una visione dinamica che unisce sviluppo, crescita, vecchiaia, recupero e riabilitazione.

La vera "qualità" dell’ E.I.T. è il suo "carattere esperienziale", nel quale si dimensiona un incontro che sempre viene riconosciuto come paritetico e, soprattutto, capace di salvaguadare l’individualità e l’unicità del paziente.

La terapia di integrazione potrebbe anche essere inserita nell’ambito delle cosiddette "psicoanalisi relazionali", ma, superando lo stretto "corridoio" che lega transfert e controtransfert, si arricchisce di elementi "sociali" che derivano dall’applicazione gruppale e, soprattutto, dalla dimensione di linguaggio corporale, di sviluppo emotivo-affettivo, di pregnanza affettiva.

Potremmo anche rilevare alcuni aspetti educativi, ma la liberazione da atteggiamenti tizioristici e direttivi, sostituiti dall’accettazione delle valenze empatiche ed istintive del soggetto, porta a inserire l’ E.I.T. in quei modelli psicoterapeutici multidisciplinari e multifunzionali che mirano all’arricchimento delle strutture dell’Io; paradigma di una crescita globale capace di legare e di coordinare le influenze emotive, affettive e cognitive.

La concezione di persona globale e quella di approccio comunicativo esistenziale risultano il fulcro su cui si fondamenta la Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva per giungere al risultato di un vero ripristino delle funzioni psico-mentali ed una ristrutturazione delle capacità adattive dell’ Io.

Per concludere, vanno ricordate le aspirazioni di prevenzione del modello E.I.T. nel quale, superata la semplice funzione del rapporto paziente-terapeuta, si concretizzano funzioni terapeutiche parziali che caratterizzano il lavoro tra più operatori.

Questa sintesi di funzionamento globale del lavoro di équipe da un lato raggiunge l’obiettivo di trattamento di una patologia grave come l’Alzheimer e, dall’altro, si apre ad una prospettiva psico-sociale di ampio raggio nella quale gli specialisti psicoterapeuti partecipano conoscenze ed esperienze con parenti, operatori della salute e/o "laici" il cui lavoro implica una partecipazione importante ed ineludibile, ad alto contenuto di … "salute mentale".

E.I.T. - SCHEDA DI VALUTAZIONE

Emotività

r ansietà libera ed incontrollata  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r reazioni di tensione  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r reazioni di rabbia  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r predominio di risposte emotive  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r sensi di paura  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r sensi di angoscia  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

 

Affettività

r difficoltà nelle relazioni interpersonali :

con gli operatori  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

con gli altri pazienti  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r sentimenti di svalorizzazione  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r critica oppositiva  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r adattamento superficiale ed incostante  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r tendenza alla rinuncia  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r difficoltà nel contatto interpersonale  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r difficoltà nel contatto corporale  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r svalorizzazione degli altri  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

 

Espressività

r atteggiamenti fobico-ossessivi  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r risposte ecolaliche  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r linguaggio frammentario ed incoerente  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r difficoltà a comprendere gli ordini  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r riduzione dell’attenzione  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r riduzione della tenuta  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

 

Comportamento

r logorrea tesa a distrarre  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r spunti autistici  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r tendenza all’isolamento  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r esecuzione casuale degli ordini  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r comportamenti ripetitivi controfobici  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r tendenza alla fuga  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r tendenza a imitare gli altri  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r perdita dell’iniziativa  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r comportamenti afinalistici  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

 

Motricità

r difficoltà ad eseguire esercizi semplici  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r difficoltà ad eseguire esercizi complessi  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r difficoltà nella retromarcia  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r difficoltà nella corsa  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r difficoltà nel saltare  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

r facile stancabilità  ‚ ƒ „ …  ‚ ƒ „ …

Lo schema, riportato a continuazione, dà una idea più esatta dei risultati che si ottengono con la Terapia di Integrazione Emotivo-affettiva:

 

SCHEMA RIASSUNTIVO DELLA VALUTAZIONE DEI MIGLIORAMENTI OTTENUTI CON DUE MESI DI

 

TERAPIA DI INTEGRAZIONE EMOTIVO-AFFETTIVA

 

 

 

 

Emotività Affettività Espressività Comporta= mento Motricità MEDIA
D. 35.33 30.86 41.34 22.00 44.33 34.77%
L. 39.00 26.17 34.83 43.75 42.92 37.33%
G. 39.00 20.97 31.46 40.98 45.35 35.55%
F. 33.43 30.05 30.29 24.79 22.22 28.16%
M. 25.09 35.46 36.51 34.47 36.51 33.61%
Fr. 24.92 29.36 19.82 31.06 35.76 28.18%
Ma. 27.24 38.36 27.25 23.12 29.56 29.11%
P. 27.78 39.39 50.00 51.52 54.55 44.65%
A. 31.58 25.00 27.78 9.09 16.67 22.02%
V. 30.00 25.00 17.65 16.67 25.00 22.86%
31.34 30.06 31.69 30.05 35.29 31.65%

Un miglioramento degli indici nell’ordine del 30% è, senza dubbio, un risultato stimolante; si può pensare a passi successivi in vista di una analisi che possa tenere conto di un maggior numero di pazienti seguiti e, soprattutto, almeno un anno di terapia.


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